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La favela sotto Ponte Flaminio

favela ponte flaminio
Galvanica Bruni

Quattordici nomadi, fra i quali donne e minori, sono stati allontanati questa mattina dagli agenti del Commissariato Ponte Milvio e da quelli del XV Gruppo di Polizia Municipale. Avevano trovato rifugio in tre insediamenti abusivi sorti in via Capoprati, sotto Ponte Flaminio e in via del Baiardo.

Al limite della vivibilità le condizioni delle tre mini favelas realizzate nel canneto di via Caporati e fra la sporcizia e le cataste di rifiuti ammassati in via del Baiardo, a Tor di Quinto – dove peraltro continua ad espandersi l’immensa discarica abusiva composta da tonnellate di mobili vecchi e materiale di risulta proveniente da cantieri edili – e ancora rifiuti e vegetazione incolta sotto il viadotto di Corso Francia.

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E’ proprio lì, in un’arcata di Ponte Flaminio, sulla sponda del Tevere, che il nucleo più nutrito aveva eletto dimora.

favela ponte flaminio
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Sfruttando un manufatto fatiscente in legno facente parte del complesso dell’ex piscina per cani abbandonato dopo l’ultima piena del Tevere, i nomadi avevano realizzato una mini favela con tanto di cucina, armadi e dependance.

Un deposito “attrezzi da lavoro” (carrelli per la spesa e uncini da rovistatori) e parking per biciclette a corredo del tutto.

favela ponte flaminio
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Panni stesi al sole, una fontanella che getta acqua continuamente – ma l’Acea lo saprà? – e rifiuti ovunque completano il quadro della disperazione sulla sponda del Tevere.

favela ponte flaminio
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Oggi allontanati, ma domani o dopodomani torneranno. Sarà inevitabile perchè all’allontanamento non farà seguito la demolizione e lo sgombero dei tre insediamenti scoperti oggi.

Il Campidoglio e l’Ardis – l’agenzia regionale competente – non hanno i fondi necessari. Sembra assurdo ma è così. Il cerchio si chiude e il problema tornerà nuovamente in capo alle forze dell’ordine che si ritroveranno negli stessi posti le stesse persone. A Roma succede anche di questo.

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1 commento

  1. Incredibile leggere solo un problema di decoro, di ordine pubblico e di igiene – per di più un alibi – e rifiutare di ammettere la propria coscienza slavata.

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