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    Il teff e la quinoa, nuovi cereali sulle nostre tavole

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    quinoa-teff.jpgIl frumento è il re della nostra tavola, ma in altre parti del mondo sono prodotti come il teff e la quinoa ad essere usati nell’alimentazione quotidiana. Conosciamo meglio questi “cugini” dei nostri cereali e le loro grandi proprietà nutrizionali che nulla hanno a che invidiare a quelli più noti.

    Il fenomeno delle migrazioni, ma soprattutto le bio-diversità alimentari che l’economia globalizzata ci ha fatto conoscere ha consentito l’arrivo sulle nostre tavole di alcuni prodotti, prima sconosciuti.

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    Non si tratta di una moda, ma di una vera e propria inversione di tendenza, poiché per anni siamo stati incoraggiati a pensare alla farina raffinata bianca del frumento come alla farina “per eccellenza” e al grano come al cereale “principe” della buona tavola.

    Anche la crescita del fenomeno della celiachia, probabilmente risultato di un’eccessiva utilizzazione proprio del frumento, ha contribuito alla riscoperta dell’importanza degli alimenti biologici e a far conoscere altre specie di cereali originarie di altri continenti dalle grandi proprietà nutrizionali.

    Il teff

    Uno di questi nuovi/vecchi cereali, è il teff, un miglio minore proveniente dal Corno d’Africa, dove viene coltivato e utilizzato nell’alimentazione umana. Il seme è particolarmente piccolo – ha un diametro che misura appena 0,8 mm – per cui un chicco di grano equivale a quasi 150 chicchi di teff. Un pugno può racchiudere un numero sufficiente a seminare una buona porzione di campo, una proprietà che rende il teff particolarmente adatto alla vita seminomade.

    La parola teff significa “perduto” e trae origine dalla lingua amarica parlata in Etiopia, a ricordare proprio l’estrema facilità con la quale il seme finissimo può scivolare tra le dita e andare perduto.

    Tradizionalmente il teff è coltivato in regioni molto ristrette, soprattutto dell’Etiopia – dove costituisce circa un quarto della produzione totale di cereali – e dell’Eritrea. Tuttavia modeste quantità di teff vengono coltivate anche in India e in Australia. Recentemente, la coltivazione del teff ha cominciato ad essere sperimentata anche in Turchia.

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    Nella macinatura della farina il piccolo germe non è separabile della buccia e quindi l’intero seme viene mantenuto nella molitura.
    Il teff è dunque un cereale realmente integrale e può sostituire la farina di grano ordinaria con ottimi risultati, dal momento che ha un contenuto in nutrienti più alto rispetto ad altri cereali come il frumento e il mais.

    La farina che se ne ricava fornisce soprattutto un apporto di carboidrati complessi (amido), è ricca di fibre, di calcio e soprattutto di ferro, che pare sia il motivo dell’assenza di anemia tra le popolazioni della regione etiopica, oltre a un’importante percentuale di proteine che abbassano la curva glicemica e un eccellente assortimento di aminoacidi essenziali.

    La farina di teff è presente nelle preparazioni della cucina tradizionale eritrea, etiopica e somala nell’injera o enjera, un pane sottile e spugnoso ottenuto da fermentazione acida, e quindi, appunto, dal sapore acidulo. La fermentazione diminuisce leggermente il contenuto in carboidrati ma lo arricchisce, in maniera sostanziale, in ulteriore contenuto proteico.

    Ai fini della cottura il teff viene considerato paragonabile al miglio, anche se il seme è molto più piccolo.

    Il teff è adattato ad ambienti molto diversi dal punto di vista idrico, dalla semi-aridità al ristagno di acqua. La produzione massima si realizza ad altitudini comprese tra i 1800 e i 2100 metri, precipitazioni comprese tra 450 e 550 mm durante la stagione di crescita, e temperature comprese tra 10 e 27 °C.
    Il seme di teff è estremamente resistente a tutti gli eventi, disidratazione, caldo, umidità, muffe (soprattutto il teff rosso); di norma si considera che conservi capacità germinativa per almeno quattro anni, ma semine con seme molto più vecchio non sembrano presentare problemi. Sensibile alla durata dell’illuminazione diurna, il teff cresce meglio con una durata della fase diurna di 12 ore.

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    Il teff si presenta in due varietà: la bianca e la rossa, asseconda del colore del seme, più chiaro o più scuro; dalle due varietà si producono quindi farine di colore leggermente diverso. La varietà chiara è più delicata ed ha maggiori esigenze di coltivazione ed è più costosa, la seconda costituisce è più diffusa e di maggiore uso quotidiano.

    Le differenze nutrizionali nei due tipi sono irrilevanti. Importantissimo risulta il sistema di coltivazione; le produzioni tradizionali di villaggio sono risultate molto più ricche in contenuto del prodotto, di quelle provenienti da coltivazioni estensive. La spiegazione è la maggiore attenzione applicata nelle concimazioni delle coltivazioni di villaggio.

    La raccolta meccanizzata, se non perfettamente organizzata ed attrezzata, rischia di produrre grosse perdite di raccolto – le sottili spighe vanno raccolte con mosse delicate, altrimenti il seme cade, la dispersione del seme è infatti naturale – e le rese per ettaro, pur considerando l’elevatissimo valore nutrizionale, sono molto basse.

    La quinoa

    Trasferiamoci dall’ambe dell’Africa orientale alle Ande dell’America del sud, dove troviamo la quinoa, in spagnolo quínoa o quinua, una pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiaceae. Dal punto di vista botanico, la quinoa è molto più affine all’amaranto, alle barbabietole e agli spinaci. Pertanto, volendo rispettare sia il punto di vista botanico, sia la classificazione nutrizionale, la quinoa viene spesso definita un “pseudo cereale”, che vanta oltre 200 diverse varietà.

    La quinoa si distingue per l’alto contenuto proteico e per la totale assenza di glutine. La farina di quinoa che se ne ricava può essere prodotta con macine a pietra ed è indicata da sola o mescolata a farine di cereali, per tutti gli utilizzi normali della farina, come dolci, pane e pasta. Previa decorticazione, può essere consumata anche assoluta in minestre, risotti o insalate.

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    La quinoa presenta altri vantaggi: è molto digeribile – risultando particolarmente indicata nelle diete degli sportivi – e cuoce in pochissimo tempo. La quinoa riduce i possibili picchi di insulina che derivano dalla sua assunzione, avendo un indice glicemico più basso, grazie alla maggiore presenza proteica e al contenuto più elevato di fibra indigeribile.

    L’apporto calorico complessivo è simile a quello dei cereali più comuni e, come in questi ultimi, deriva principalmente dall’abbondante concentrazione di carboidrati complessi.

    La quinoa è anche un’ottima fonte di proteine, poiché contiene tutti gli aminoacidi essenziali (fatto raro nel regno vegetale) e tra questi, la lisina, poco presente nella maggior parte dei cereali. Rispetto a quest’ultimi, la quinoa vanta un grande contenuto di lisina, presente nelle proporzioni bilanciate raccomandate dall’Organizzazione mondiale della sanità.

    Le proteine vegetali contenute nella quinoa raggiungono il 14% della massa totale, una percentuale che risulta addirittura maggiore rispetto al frumento, al mais e alle patate.

    La quinoa è dunque un alimento particolarmente dotato di proprietà nutritive. Contiene fibre e minerali, è ricca di calcio (in proporzione ne contiene più del latte), fosforo, magnesio, ferro (il doppio rispetto al grano) e zinco, inoltre i grassi sono in prevalenza insaturi.

    Per il suo alto contenuto di calico, la quinoa è adatta a combattere l’osteoporosi, quindi risulta preziosa durante la menopausa, ma anche nelle altre fasi del ciclo vitale, dalla prima infanzia alla vecchiaia e negli stati carenziali e di convalescenza.

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    La quinoa, infine, presenta un alto contenuto di trimetilglicina, una sostanza implicata nel metabolismo dell’omocisteina, un aminoacido che ha un ruolo particolarmente importante nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nell’azione anti-invecchiamento.
    Studi effettuati sull’uomo, hanno dimostrato l’efficacia della trimetilglicina per migliorare le lesioni epatiche provocate dal consumo di alcool, quali l’accumulo del grasso nel fegato.

    Per il suo buon apporto proteico la quinoa costituisce da sempre l’alimento base per le popolazioni andine. Gli Incas la consideravano una pianta sacra e la chiamavano “chisiya mama” che nella loro antica lingua significa “madre di tutti i semi“.

    La rubrica Intolleranze Alimentari, di cui questo articolo fa parte, è curata dall’Isola Celiaca Cassia Roma.
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