Home ATTUALITÀ Cassia, morto un clochard per il freddo

Cassia, morto un clochard per il freddo

clochard
immagine di repertorio
ArsBiomedica

Dramma del freddo e della solitudine in via Cassia. All’alba di questa mattina un senza tetto è stato trovato deceduto dentro una misera baracca ubicata fra gli arbusti che sorgono lungo via Cassia Nuova, poco prima dell’incrocio con via Oriolo Romano.

Sono intervenuti i sanitari del 118 che non hanno potuto altro che constatarne la morte. Si tratterebbe di un immigrato dell’Est Europa. Il corpo, a un primo esame, non presenterebbe segni di violenza e quindi non si esclude che la morte, arrivata per cause naturali, sia dovuta al freddo intenso di questa notte in cui il termometro è sceso sotto lo zero.
Sono in corso le indagini dei Carabinieri, anche per appurare se in quella baracca vivono altre persone.

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8 COMMENTI

  1. SOS FREDDO ROMA Tel. 800440022
    Per i prossimi giorni si prevede ancora molto freddo. Se vedete una persona che dorme per strada a Roma è attiva la Sala Operativa Sociale (S.O.S.), il personale qualificato fornirà servizio di pernottamento, lavanderia, abiti e mensa per i pasti agli adulti senza fissa dimora. È importante chiamare per segnalare!
    Tel. 800440022

  2. Questo è il risultato della politica di accoglienza e solidarietà pelosa voluta dalla sinistra e di cui abbiamo tanti esempi anche nel nostro municipio.

    Tolleranza estrema verso l’immigrazione non regolare, ma una volta che queste persone sono entrate e non servono più alla miserevole propaganda messa in atto, si lasciano morire sotto i ponti e nelle baracche.

  3. @Simone : mi sembra fuoriluogo utilizzare certe storie per sterili polemiche partitiche. Forse giova ricordare che già con la precedente amminsitrazione del municipio c’erano intere famiglie che dormivano sotto ponte milvio….ricordo perfettamente bambini molti anni or sono elemosinare qualcosa tra i tavolini dei tanti bar/locali che si affacciano su Ponte Milvio; posso anche testimoniare di aver contribuito con alcuni sacchi di vestiti dati ad una persona che distribuiva indumenti a persone che vivevano…alla luce della luna.
    Resta il fatto che al di là delle responsabilità politiche degli amministratori di turno, anche noi potremmo attivarci. La politica può essere chiamata in causa per le scelte , condivisibili o no; ma sul piano pratico, nel quotidiano..basta delegare, cerchiamo di aiutare almeno la stretta e immediata urgenza.

  4. Qualsiasi cosa possa fare il cittadino per aiutare il prossimo, non esenta la classe politica dalla responsabilità morale e materiale di questi tristi episodi. Evidenziarlo non è speculazione politica, che semmai lo è pubblicare per settimane la foto di un bambino siriano morto su una spiaggia, per creare sensi di colpa nell’opinione pubblica che chiede di regolamentare e gestire i flussi migratori.

  5. ritengo che citare solo la sinistra come causa di queste morti sia speculazione.
    la politica relativa ai flussi migratori in Italia è evidentemente fallimentare ma è una responsabilità di TUTTA la classe politica da più di vent’anni.
    La legge Bossi-Fini è una pessima legge che non ha prodotto niente di efficace.
    il numero degli indigenti, italiani e non, che vive per strada aumenta di anno in anno, così come le persone che affollano le mense di enti no profit e di enti religiosi ( e non si tratta solo di stranieri..).
    La verità è che i governi , tutti i governi, hanno da tantissimi, troppi anni delegato al terzo settore l’assistenza di queste persone disagiate, senza intervenire in maniera programmatica.

  6. poi secondo me dovremmo, da cittadini, operare sempre una forte distinzione tra soggetti indigenti e soggetti che delinquono: una distinzione che non va confusa con la nazionalità di provenienza o l’etnia di appartenenza.
    Esiste un problema di stretta urgenza e necessità a cui secondo me noi cittadini possiamo concretamente dare una parte di risposta ( pasti caldi, vestiti, etc.) e un problema politico-legislativo che chiaramente va risolto da chi sta al governo.
    La recente esperienza balzata agli onori – questa volta sì – della cronaca del centro Baobab testimonia che i cittadini, se vogliono, sono perfettamente in grado di creare e cogestire strutture complementari ( non sostitutive) per aiutare chi è in difficoltà.

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