Si tratta di una malattia che è stata sottostimata. Per la dottoressa Maria Rita Pasqualetti, gastroenterologa, “i numeri sono in crescita perché fino a pochi anni fa c’era una scarsa conoscenza della celiachia, anche tra i medici”. E se una corretta diagnosi aiuta a delimitarla, una corretta alimentazione la può sconfiggere.
Nonostante, sia considerata una malattia rara, la celiachia vede crescere i numeri delle persone che ne sono colpite. In Italia 135.800 persone che si sono sottoposte ai test sono risultate positive, ma quest’ultimi sarebbero solo un quarto di quelli stimati, ovvero, circa 540.000: quasi 1 italiano su 100.
Un’ipotesi lega l’incremento del numero dei celiaci, all’aumentata componente proteica del glutine contenuto nelle farine di molti cereali comuni che costituiscono la base della nostra alimentazione e potrebbero aver provocato il passaggio da una semplice suscettibilità per la patologia in questione, alla malattia conclamata.
La dottoressa Maria Rita Pasqualetti, gastroenterologa con un master in nutrizione clinica e oggi medico di base, sostiene, “che questa è una ipotesi, mentre è certo che fino a pochi anni fa c’era una scarsa conoscenza della celiachia, anche tra i medici. Per questo motivo, ritengo che il numero dei celiaci sia in crescita soprattutto perché è aumentata notevolmente la capacità di diagnosticare la malattia“.
In sostanza, si tratterebbe di una pregressa sottostima della malattia celiaca. A questo riguardo, la dottoressa Pasqualetti, ricorda come qualche decina di anni orsono, “la celiachia era considerata la malattia dello svezzamento. Prima dei gastroenterologi sono arrivati i pediatri che ne hanno definito la sintomatologia nei bambini”.
“I pediatri sono stati inconsapevoli protagonisti di un paradosso – prosegue – nelle diete dei piccoli nei primi anni di vita prescrivevano i primi pasti solidi con le pastine ricche di glutine, poi accorgendosi delle conseguenze che queste provocavano, sono stati anche i primi a scoprire la malattia celiaca”.
La dottoressa Pasqualetti ha potuto osservare la celiachia da un punto di vista privilegiato, l’ambulatorio specializzato del Policlinico Agostino Gemelli di Roma. E dunque può aiutarci a definire meglio il tema della sua diagnosi.
“La diagnosi di celiachia si basa sulla presenza di almeno 4 criteri su 5 tra questi: sintomi, sierologia, test genetico (ricerca degli alleli HLA-DQ2, DQ8), biopsia e risposta alla dieta senza glutine. Sappiamo che i sintomi della celiachia sono vari e, soprattutto nei neonati e nei bambini, possono colpire l’apparato digerente: gonfiore e dolore addominale, dissenteria o stipsi, vomito, dimagrimento e irritabilità”.
“Nei bambini – prosegue la dottoressa – il cattivo assorbimento delle sostanze nutritive, può dare origine ad altri problemi, come ad esempio difficoltà di sviluppo, ritardi nella crescita e bassa statura. Gli adulti possono soffrire anche di altri sintomi: anemia da mancanza di ferro, affaticamento, dolore alle ossa o alle articolazioni, artrite, depressione o ansia, formicolio e intorpidimento delle mani e dei piedi, stomatite, dermatiti particolari. Tutti disturbi che la medicina, qualche stagione or sono, non metteva in relazione con la celiachia”.
“La biopsia intestinale – afferma la dottoressa Pasqualetti – serve a dimostrare l’atrofia villare e la presenza di alcuni caratteristici linfociti nella parete intestinale dei celiaci, attraverso l’esame istologico di un piccolo frammento duodenale, ottenuto, appunto, attraverso la biopsia, durante l’esofagogastroduodenoscopia”.
In cosa consiste, invece, l’analisi sierologica?
“Consente di verificare la presenza nel siero dei pazienti di anticorpi (quelli di riferimento sono gli antitransglutaminasi), questa analisi precede e accompagna la biopsia, poiché l’atrofia villare può essere giustificata anche dalla presenza di parassiti, infezioni virali, neoplasie, patologie infiammatorie dell’intestino. Mentre il test genetico ricerca la presenza di geni, appartenenti al sistema HLA (DQ2, DQ8) che predispongono allo sviluppo della celiachia”.
Sintetizzando, quali sono le diagnosi necessarie di una persona per cui si sospetta la malattia celiaca?
“Sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19/08/2015 sono state precisate le linee guida per la diagnosi ed il follow-up della celiachia, vale la pena porre l’attenzione su tre punti importanti:
– la biopsia intestinale rimane necessaria solo per la diagnosi in età adulta;
– il test genetico è indicato in età pediatrica senza biopsia, nei casi dubbi di pazienti adulti e per l’individuazione dei familiari di 1°grado a rischio (il mancato riscontro di HLA-DQ2 e/o HLA-DQ8 rende poco probabile che quell’individuo svilupperà la celiachia);
– per i pazienti pediatrici e adolescenti, bastano, quadro clinico di malassorbimento, sintomi correlati all’assunzione del glutine, positività degli anticorpi, e profilo genetico compatibile, per porre diagnosi di celiachia senza ricorrere alla biopsia intestinale”.
Circa la dieta senza glutine, visto il suo master in nutrizione clinica, cosa ci può dire?
“La malattia celiaca si cura ricorrendo ad un appropriato regime alimentare. La dieta che esclude il glutine consente di ripristinare le funzionalità dell’intestino e questa ritrovata funzionalità dell’organo è riscontrabile sia con una cessazione dei sintomi collaterali, sia attraverso un controllo endoscopico che già ad un anno, dall’inizio della dieta, potrà verificare la riformazione dei villi intestinali”.
Insomma, possiamo dire una corretta diagnosi aiuta a delimitare la celiachia, mentre una corretta alimentazione la può sconfiggere.
“Assolutamente sì, per questo motivo andrebbero aumentate le occasioni per far emergere i celiaci che non sanno di esserlo, per esempio, con screening sulla popolazione scolastica, attraverso il test non invasivo della saliva; andrebbe poi migliorata l’educazione alimentare nei pazienti, raccomandando l’accurata aderenza alla dieta senza glutine, per tutta la vita – conclude la dottoressa Pasqualetti – perché una persona che sottovaluta la malattia e si espone, quindi, al glutine può andare incontro a gravi complicanze, tra le quali c’è anche il linfoma intestinale”.
La rubrica Intolleranze Alimentari, di cui questo articolo fa parte, è curata dall’Isola Celiaca Cassia Roma.
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