Home ATTUALITÀ La palazzina Colombo al Flaminio, vengono dall’estero a studiarla

La palazzina Colombo al Flaminio, vengono dall’estero a studiarla

Duca Gioielli

colombo240.jpgDurante gli anni della dittatura fascista il razionalismo romano fu la principale corrente architettonica in Italia, e la Palazzina Colombo di via di S.Valentino, ai piedi dei Monti Parioli, ne è ancora oggi uno dei più fulgidi esempi. Il suo autore principale fu Mario Ridolfi, il “Fuxas del Ventennio”, uno dei più noti architetti dell’epoca fascista (ma anche post-fascista).

A lui si debbono, tra gli altri, il famoso palazzo delle Poste in piazza Bologna e la costruzione degli alloggi popolari nell’ambito del piano INA-Casa di fanfaniana memoria in tutta Roma Est. Ma anche a Roma Nord il Nostro lasciò la sua impronta.

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Siamo nel quartiere Flaminio, a pochi passi dal quadrilatero “MAXXI-Auditorium-PalaTiziano-Stadio Flaminio”. Via di S.Valentino è una strada in discesa che parte dal cuore dei Parioli e arriva, incrociandolo, a viale Maresciallo Pilsudski. La Palazzina Colombo si trova al civico 21 ed è ancora più bella che in foto. Sembra che attualmente, oltre ad abitazioni private, ospiti alcuni uffici.

Oggi questo stabile appare come uno dei tanti ma ad un occhio esperto non sfugge la sua particolarità, tanto che negli anni è stato preso a modello da moltissimi studiosi per essere una tappa fondamentale nella ricerca sull’abitazione in Italia nel periodo del fascismo.

Nella sua realizzazione Ridolfi fu coadiuvato dall’architetto tedesco naturalizzato italiano Wolfango Frankl, a testimonianza dei suoi numerosi rapporti con la cultura architettonica tedesca e svizzera. Perchè – si sa – in fatto di razionalità e precisione, tedeschi e svizzeri non li batte nessuno.

Che poi l’architettura fascista si somiglia un pò tutta. Basti ad esempio fare un salto a Lisbona e osservare le opere realizzate sotto Salazar. O quelle sotto Franco in Spagna. Per non parlare di Germania e Italia negli anni trenta. Grandeur, pomposità, magnificenza, modernismo, orgoglio nazionale; ma anche marmo e linee squadrate: questi gli ingredienti di un filone architettonico che ha caratterizzato il XX Secolo in tutta Europa.

Ma torniamo ai Parioli. Alle otto di mattina, via di S.Valentino è quasi deserta. In giro si vedono solo un anziano con il cane e un paio di signore dai tratti asiatici – probabilmente colf filippine – con in mano le buste della spesa: la zona in effetti è abbastanza esclusiva.

Case bellissime, balconi in fiore, giardini curati. Non siamo certi che il palazzo davanti a noi sia proprio Palazzo Colombo, anche se le foto su internet sembrano confermarlo.

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Per sicurezza chiediamo al fioraio all’angolo con via dei Monti Parioli. “Non ho mai saputo che si chiamasse così. Lavoro qui da quarant’anni, e prima di me mio padre, ma il nome Colombo non l’ho mai sentito.” Eppure ci vengono dall’estero a studiarlo. “Mai visto nessuno. Posso solo dirle che per un periodo ci abitò Audrey Hepburn”.

Proviamo con la portiera dello stabile che nel frattempo è intenta a spazzare per terra nell’atrio. “Dovrebbe chiedere all’amministratore. Io so chi ci abita ma non posso dire nulla per riservatezza. Comunque so che è un palazzo importante dal punto di vista storico. Molti studenti sono venuti qui in passato per fare foto”. In effetti sul citofono i nomi non ci sono scritti, c’è scritto solo il numero degli interni. E quando è così vuol dire che ci abita qualcuno famoso che, giustamente, vuole starsene per i fatti propri.

Ridolfi e Frankl iniziarono la progettazione della palazzina nel 1935 per conto del Cav. Achille Colombo, un ricco committente che intendeva realizzare per sè e per la sua famiglia una villa a più piani con un alloggio per piano. La licenza di costruzione fu rilasciata a novembre dello stesso anno, i lavori iniziarono nel 1936 – dopo l’elaborazione di un secondo progetto – e il completamento dell’opera avvenne nel 1938.

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Ridolfi e Colombo si incontravano regolarmente durante le varie fasi di progettazione per definire le caratteristiche funzionali ed estetiche dell’opera. Si elaborarono inizialmente 5 proposte diverse, tra le quali venne fatta una prima selezione.

Il progetto definitivo caratterizza l’edificio come qualcosa di simile ad una “casa a corte”, e la lettura della pianta suggerisce una composizione ottenuta per aggregazione di cellule, come fossero parti di un più articolato tessuto, configurandosi come unione di due corpi disposti a L con il prospetto frontale obliquo all’allineamento stradale.

I piani sono 6 e l’ingresso principale avviene da via di S.Valentino. La sistemazione degli ambienti interni segue il criterio dell’affaccio migliore, posizionando lo spazio del soggiorno verso la discesa di via S. Valentino. Gli ambienti di servizio si trovano nelle due braccia parallele distribuiti lungo i prospetti laterali. In particolare a sud, nel braccio più lungo, trovano posto le camere da letto con balconcini, a nord le aree dei servizi con soltanto un balconcino.

Ogni alloggio è composto da 5 camere da letto, zona servizi e soggiorno; quest’ultimo è collegato con la sala pranzo. Infine, nell’attico una grande terrazza si affaccia su via di S.Valentino.

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Lo studio di Ridolfi si occupò anche della progettazione degli arredi fissi e degli infissi, concretizzando quindi l’ideale della progettazione integrata a tutte le scale del progetto, prerogativa fondamentale del razionalismo.

Mario Ridolfi fu attivo fino alla fine degli anni settanta realizzando moltissime opere sia in Italia che all’estero. Negli ultimi anni di vita le sue condizioni fisiche e motorie peggiorarono notevolmente. A ciò si aggiunse la morte del figlio Fabio avvenuta a Toronto nel 1982 e la perdita quasi totale della vista. Motivi che lo indussero a togliersi la vita all’età di ottant’anni. Il suo corpo venne ritrovato nelle acque del Nera, un fiume umbro, l’11 novembre 1984.

Valerio Di Marco

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