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Auditorium, l’irresistibile leggerezza di Sergio Caputo

Derattizzazioni e disinfestazioni a Roma

sergiocaputo240.jpgSala Sinopoli gremita e meritato successo per il concerto che Sergio Caputo ha tenuto ieri sera, giovedì 19 marzo, all’Auditorium. Accompagnato da quattro fidi ed ottimi musicisti, il cantautore romano – in un’ora e quarantacinque minuti di show – ha regalato molti classici, una gustosa parentesi unplugged e alcuni brani del suo nuovo album di inediti “Pop, Jazz and Love”.

Metti una sera all’Auditorium, a bazzicare ricordi e sensazioni e a respirare un’aria pulita e frizzante. Fra lo swing e il jazz, fra il blues, il pop e le sonorità latine, in bilico fra un passato da (non) dimenticare e un presente felice, oscillando fra le nevrosi della vita quotidiana, gli inganni e le suggestioni delle ore piccole e l’amore che dolcemente si fa largo e offre un nuovo tempo e un nuovo spazio, alla Sala Sinopoli è andato in scena con scintillante leggerezza il Sergio Caputo show.

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Centocinque minuti di musica e parole che sono passati davanti agli occhi del pubblico capitolino come in un film, come in una di quelle vecchie pellicole in bianco e nero che non ti stanchi mai di rivedere non solo perché ti fanno dimenticare il mal di mare viscerale che questo mondo ti da, ma anche perché ti restituiscono i momenti e i visi, le situazioni e gli incontri che hanno segnato la tua esistenza.

E, allora, andiamolo a rivedere questo film così speciale e originale, ripercorriamo insieme questo bellissimo concerto che attraverso ventuno canzoni ha raccontato con agilità ed effervescenza la vita (ovvero il suo carattere positivo), l’amore (sì, quello felice, non quello rimpianto) e altre (dis)avventure assortite.

Il concerto

Alle 21.15 il buio in sala precede l’ingresso di Sergio Caputo e dei suoi musicisti. “Questa è una serata speciale” – annuncia il cantautore romano dopo gli applausi e i saluti – “siamo stati qui lo scorso anno per celebrare il trentesimo anniversario di ‘Un Sabato Italiano’ e adesso si volta pagina”.

L’allegria contagiosa di Bimba se sapessi, assai ben sottolineata dal sax di Massimo Zagonari, fa subito capire a tutti che ci sarà da divertirsi, e molto, questa sera, mentre la successiva C’est moi l’amour, nella quale Caputo ci da dentro con la chitarra elettrica, regala suggestioni delicate ai presenti e una certezza assoluta a chi lo sta ascoltando dietro le quinte.

Mentre il quintetto sul palco e gli spettatori mostrano già di aver trovato l’intesa, arriva l’immancabile e sempre sorprendente Metamorfosi (“soffro di fobie da letto singolo”) che, impreziosita dal piano di Paolo Vianello e dalla batteria di Alessandro Marzi, precede l’eterea e morbidissima I love the sky in september, giusto prima che Straight for my heart – il primo dei quattro brani del nuovo album “Pop, Jazz and Love” che verranno eseguiti nel corso della serata – lasci tutto di stucco per le suggestioni che è in grado di trasmettere, con Caputo che accarezza e graffia le parole e il sax di Zagonari ancora sugli scudi.

Con il suo incipit soave e memorabile (“piccoli sogni in abito blu”), la bellissima Spicchio di luna conquista i cuori di tutti gli spettatori, regalando una parte finale davvero ragguardevole con il piano di Vianello che sfuma nel sax e, poi, nella voce di Caputo, che va a ribadire ancora una volta: “ne approfitto per fare un po’ di musica”.
Il gradevolissimo jazz/pop di Everybody looks so beautiful in Paris – secondo estratto da “Pop, Jazz and Love” – precede le magnifiche suggestioni notturne di Merci bocù (“forse sono triste ma il mio cuore non lo sa”), mentre – dopo quaranta minuti di concerto – arrivano le attesissime spigolature poetiche e le sonorità irresistibili di Un sabato italiano.

Applausi, applausi, applausi!

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La band lascia Caputo da solo sul palco. La chitarra acustica prende il posto di quella elettrica. Il grintoso e gustosissimo momento unplugged comprende Weekend (“quest’inverno qui si preannuncia rigido”), Ma che amico sei (“fra l’incudine di Dio e il martello dell’umanità”), Non bevo più tequila (“questo è un brano che parla di una promessa mancata”) e Flamingo (“una canzone che amo tanto ma che è stata capita poco…anche da me!!!”).

Scrosciano ancora gli applausi, la band torna sul palco. “Ora sono cavoli amari” – scherza ancora Caputo – “questo è un pezzo facile da scrivere ma difficilissimo da suonare”. L’esecuzione di A bazzicare il lungomare (l’unico brano in italiano dell’ultimo disco), che è preceduta da una sorprendente intro quasi psichedelica, è invece davvero rimarchevole e strappa applausi convinti.

Dopo aver presentato adeguatamente il bassista Luca Pirozzi – una sicurezza, il pilastro della sezione ritmica – Caputo regala al pubblico la travolgente allegria de L’astronave che arriva, prima che il flauto di Zagonari punteggi con dolcezza le parole stizzose e ironiche di Hemingway caffè latino (“non so se interrogare le carte o rivolgermi all’amico Clouseau”).

“Il prossimo brano è destinato a diventare una hit mondiale” – dice sorridendo il cantautore romano – “e poi è dedicato ad una persona che mi sta molto a cuore”: Cristina – il quarto ed ultimo estratto da “Pop, Jazz and Love” che viene eseguito stasera – è un innamorato omaggio a Cristina Zatti, la moglie di Caputo che compare sulla copertina dell’ultimo album e in parecchi suoi video.

Le sonorità latine che colorano il brano portano dritte dritte a Italiani Mambo e a Il Garibaldi Innamorato, che dopo poco più di novantacinque minuti concludono il concerto fra gli applausi scroscianti e prima dei bis.

Caputo torna sul palco da solo e offre un’altra gemma acustica, ossia Cimici e bromuro, prima che il travolgente blues full-band di Mettimi giù alle 23 in punto metta la parola fine ad uno show che è riuscito a instillare negli occhi e nel cuore di tutti gli spettatori quel senso di soavità e di leggerezza che solo i grandi artisti sanno regalare.

Giovanni Berti

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