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Bombe carta e petardi in via di Grottarossa: cui prodest?

Duca Gioielli

via-di-grottarossa.jpgPossono i silenzi dire più delle parole? Sarebbe troppo facile trarre delle conclusioni dalle bocche cucite dei residenti su ciò che è accaduto a inizio gennaio al centro rifugiati di via di Grottarossa 190. Prima una bomba carta, poi petardi. Di chi la mano, perchè? Viaggio in un microcosmo sommerso, là sulla Cassia.

Prima una bomba carta, poi petardi. Non è iniziato bene l’anno per i 46 rifugiati politici che vivono nel centro di accoglienza di via di Grottarossa. Ben due atti vandalici subiti, uno di seguito all’altro, rispettivamente il 3 e l’8 gennaio. I colpevoli sono ancora sconosciuti. La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo a carico di ignoti.

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Via di Grottarossa 190

Siamo in via di Grottarossa, una lunga e popolosa strada, praticamente un quartiere, che prende inizio dalla parte alta della Cassia e arriva all’altra consolare del XV Municipio, la Flaminia. Una strada, un quartiere densamente popolato, dove lingue ed etnie si mescolano, dove è sempre più difficile sentire parlare il romanesco verace.

Qui, al civico 190, c’è una piccola palazzina di quattro piani. Stona in confronto alle altre abitazioni. Ha i muri rovinati, un piccolo cancello d’entrata. Sui balconi c’è un po’ di tutto: panni stesi, sacchi, sedie. “Gli appartamenti sono piccoli“, ci dice una signora del posto che è entrata nella casa tempo fa.

Ci vivono tutti stranieri, maggiorenni, per lo più africani. In tutto 46 persone. Difficile, ma non impossibile a quanto pare. Sì, è solo un centro di prima accoglienza. Ma che almeno sia accogliente, ci verrebbe da dire.

Dopo il primo atto vandalico rimasto nell’ombra, il secondo episodio ha scatenato l’ira degli occupanti della palazzina che sono scesi in strada; ne è seguita una vivace protesta, hanno gridato e manifestato. Sul posto sono subito giunti gli agenti del Commissariato Flaminio Nuovo di piazza Azzarita che hanno sedato gli animi riportando la calma fra i manifestanti.

La nostra indagine ha preso inizio intervistando Michela Ottavi, Assessore alle politiche sociali del XV Municipio. “Il centro d’accoglienza di via di Grottarossa è gestito dalla cooperativa Domus Aurea: ci vivono 46 rifugiati politici; non hanno mai avuto problemi con gli abitanti della zona, né con la giustizia. Da almeno tre anni infatti non si sono registrati arresti o situazioni contro la sicurezza da parte di queste persone“.

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Domus Aurea o Domus Caritatis?

Che si tratti di adolescenti, anziani al campo di bocce, famiglie al Parco Papacci, commercianti della zona o semplici passanti, ci troviamo di fronte ad una strana situazione. Le persone del posto sembrano non conoscere questa casa di accoglienza. Eppure è lì, è nella stessa strada delle loro abitazioni. Ma si capisce dai loro sguardi e dalle poche parole che ci riferiscono che forse vogliono rimanere estranei ai fatti, vogliono rimanere anonimi.

Si, sono residente qui a Grottarossa, ma non ho mai sentito parlare di questa Domus Aurea” ci riferisce un signore del luogo che su questo però ha ragione.

La Domus Aurea, come riferitoci dall’Assessore Ottavi, è il nome della cooperativa che gestisce la casa di accoglienza. Eppure sul web l’unica Domus Aurea che troviamo è la Villa urbana costruita dall’imperatore romano Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C.

Cerchiamo allora sul web via di Grottarossa 190 e la nostra Domus Aurea diventa Domus Caritatis. Sì, esattamente quella stessa Domus Caritatis balzata alle cronache con lo scandalo di Mafia Capitale.

Come si legge in una recentissima inchiesta del quotidiano Avvenire “A Roma la ‘Eriches 29’ e il gruppo di ‘Domus Caritatis’ secondo le intercettazioni e le analisi della procura di Roma erano in stretto contatto con il gruppo di Buzzi“, un volto ormai noto nel panorama criminale romano, soprattutto nell’utilizzare i centri d’accoglienza per farne un business lucroso.

La Domus Caritatis, oltre a quello di via Grottarossa, gestisce altri centri di rifugiati politici e stando alla famosa ordinanza del 28 novembre 2014 a firma del Gip Flavia Costantini, quella che ha scoperchiato la cupola di mafia capitale, essa farebbe riferimento al Buzzi che sul mondo del cooperativismo aveva fondato il suo impero.

Come dimenticare le parole di Buzzi al telefono con Pierina Chiaravalle, sua stretta collaboratrice? “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno“. Ora però l’idea ce la siamo fatta tutti, Buzzi se ne farà una ragione.

Torniamo a via di Grottarossa

Ovvio che tutto ciò però nulla toglie e nulla aggiunge al lavoro che i singoli operatori di via Grottarossa svolgono ogni giorno per supportare il processo di integrazione degli ospiti della casa.

Ed è per questo che dobbiamo far chiarezza di fronte ad un centro d’accoglienza dove lavora gente preparata e vivono persone in gravi difficoltà. Essere rifugiati politici in un paese come l’Italia che non ha ancora preso definitive decisioni in merito e che solo dopo tre mesi di prima accoglienza, lascia queste persone in balia del nulla, è sconcertante.
Dopo tre mesi di iter burocratici infatti, la Commissione predisposta riconosce – dove vi siano tutte le garanzie – lo status di rifugiato e rilascia un tesserino attestante l’avvenuto riconoscimento dello status. Poi, in bocca al lupo verrebbe da dire; così, almeno per sdrammatizzare.

Ce lo ha confermato la stessa Ottavi: “Le persone rimangono lì al massimo tre mesi, al termine dei quali lasciano il centro con almeno lo status di rifugiati politici; è difficile quindi creare una vera e propria realtà formativa con così poco tempo a disposizione. E’ pur vero però che gli operatori del centro d’accoglienza Domus Aurea sono più che competenti; coordinati da Paolo Berti sono al servizio di questa attività sociale per supportare il processo d’integrazione degli ospiti del centro.”

“Abbiamo rilevato rispetto alla struttura la mancanza di spazi comuni” aggiunge l’assessore spiegando che “i lavori per la loro creazione sono stati già avviati dalla cooperativa. Per ovviare, gli ospiti del centro usufruiscono degli spazi messi a disposizione da Don Antonio Coluccia presso la Chiesa sita di fronte al centro. Ringrazio Don Antonio per la collaborazione e per l’importante lavoro di integrazione che porta avanti sul territorio tra persone di diverse etnie.”

Le chiediamo che spiegazione si dà su i due episodi di inizio gennaio. “Ho condannato da subito gli atti violenti che hanno colpito il Centro e portato la mia solidarietà e quella di tutta l’Amministrazione Torquati. Una cosa vorrei sottolineare: in alcun modo possono essere tollerate strumentalizzazioni politiche sulla pelle dei piu’ deboli; occorre lavorare sull’inclusione in un mondo sempre piu’ globalizzato e non creare tensioni in un clima difficile esploso con i fatti di Tor Sapienza. Mi rivolgo alle forze politiche di destra e alle loro posizioni sui temi dell’immigrazione.

Riflessi sul territorio, questi nostri primi approcci al tema ci portano ad escludere ogni sospetto sugli abitanti del luogo che a prima vista paiono avere un rapporto benevolo i rifugiati. Eppure così non sembra. Nonostante la forte reticenza degli abitanti a parlare, siamo riusciti però a ottenere qualche risposta dalle persone che vivono lì vicino.

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Una convivenza non facile

Non c’è mai stato nessun problema di ordine pubblico con loro, viviamo pacificamente qui“, ripete la maggior parte degl’intervistati. Però non sono mancate di certo le polemiche in questi ultimi mesi: la scorsa estate per esempio, si vociferava la possibilità che arrivassero altri 60 rifugiati, notizia però subito smentita dal presidente del XV Municipio Daniele Torquati.

Davvero controverse le versioni di chi abbiamo ascoltato: “spesso i rifugiati rovistano nei cassonetti, infastidiscono le persone di notte al Parco Papacci. Abbiamo sentito che alcuni sono stati anche arrestati per spaccio di droga e non manca mai l’occasione di trovarli ubriachi che lanciano lattine o bottiglie, sporcando la zona“, ci dicono a mezza bocca.

Altri, invece, la pensano diversamente: “Non c’è nulla da raccontare: viviamo serenamente e non ci piace fare di tutta l’erba un fascio; quando ci sono stati problemi le autorità hanno rintracciato i responsabili che sono stati allontanati. Ma non abbiamo nessun problema col centro d’accoglienza, mai avuto da quando sono qui“.

Ogni dichiarazione viene però pesata, si percepisce una difficoltà nel non lasciarsi sfuggire commenti razzisti, ad ogni domanda seguono lunghe pause, sospiri, e mezze frasi troppo costruite.

A quanto ammonta il finanziamento? In prima battuta lo chiediamo a Michela Ottavi che ci risponde “Per quanto riguarda i fondi che il Centro riceve, non essendo un servizio erogato dal Municipio, occorre rivolgersi direttamente alla Cooperativa”.

Raccogliamo voci, anche sul web, che si tratti di circa 30 euro al giorno a persona. E’ quello l’importo di cui si dicono certi i residenti.

Qualunque sia la cifra, sapere che parte di essa comprende il servizio di pulizia e quello dei pasti che ogni giorno vengono portati nel centro di accoglienza, può dare fastidio di questi tempi dove la crisi la fa da padrona per tutti. Allora sarebbe più giusto e più sano, usare quei soldi per insegnare a quei ragazzi a sapersi autogestire; l’integrazione prevede anche la formazione, o no?“. Così ci dice una signora del luogo in modo molto deciso. Si vede che è molto ben informata.

Per quale motivo tanta rabbia nei confronti di stranieri in un quartiere che, stando a quanto raccontato, non ha mai sofferto la loro presenza? E’ duro avere una risposta a questa domanda. Ma alla fine l’otteniamo.
Anche se non ci sono mai stati grandi problemi con loro, non ci piace sapere che hanno vitto e alloggio gratuiti ed un assegno giornaliero di 30 euro – sostiene un negoziante di zona – Ci siamo proposti spesso di offrirgli da mangiare, ma a parte questo non troviamo giusto che lo Stato li tuteli, soprattutto se questo può ledere la nostra sicurezza“.

Ebbene, ci siamo trovati faccia a faccia con molti interrogativi portandoci via quella sensazione fastidiosa per cui ci fosse ancora molto da raccontare ma poche persone disposte a farlo, soprattutto fra chi quella situazione la vive quotidianamente. E rimane sospesa nell’aria la domanda: bombe carta e petardi, cui prodest?

Valentina Ciaccio e Barbara Polidori

© riproduzione riservata – proprietà EdiWebRoma

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1 commento

  1. Allora:
    Costituzione della Repubblica Italiana
    Principi fondamentali
    Art. 1 omississi…….

    Art. 10
    omissis…..
    Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica Italiana secondo le condizioni stabilite dalla legge.
    Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici. [3]

    Quindi, lo straniero ha le stesse garanzie Costituzionali di noi Italiani. E lo Stato i 30 euro li spende anche per gli Italiani. Non credo che siano questi gli sprechi che ci hanno ridotto alla vita di oggi…

    Piuttosto, non pagare le tasse è peccato…. omissis….

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