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Il lago di Vico, meta fascinosa a pochi km a nord di Roma

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Lettere al direttore

Un nuovo itinerario di VCB ma questa volta né mare né montagna. Niente musei o monumenti da fotografare. Questa volta vi portiamo per mano in un ambiente fascinoso, dove la mitologia si sposa con la geologia, dove la natura vi commuoverà. Il lago di Vico, una delle mete più belle a pochi chilometri a nord di Roma.

Un’occhiata al meteo, temperature amabili e Giove Pluvio ben accomodante con Giunone (nell’antichità si raccontava che la pioggia fosse scatenata dai litigi tra Giove e Giunone, e che a Giove bastasse scuotere un po’ la testa per scatenare tuoni fulmini e saette), decido per una gita fuori porta.

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Cassia Veientana, seguo le indicazioni, strada provinciale 1 Cimina, mi ritrovo immersa nella riserva naturale del Parco di Vico. Mi accorgo che basta lasciarsi alle spalle la capitale, per immergersi in un’oasi verde che incanta senza tanti fronzoli.

Re indiscusso di questo spettacolo naturale è il faggio, che però trova giusta compagnia nelle querce, negli aceri, negli olmi, fino ad incantarci con le specie del sottobosco tra le quali spicca l’agrifoglio affiancato dal biancospino e dal pungitopo.

Impossibile fare finta di nulla davanti a castagni secolari, che regalano in autunno dei frutti, rigorosamente nati da agricoltura biologica, richiesti e inviati addirittura oltralpe, in particolare ai “cugini” francesi per i loro marron glacé.

Tutto questo fa da cornice al lago di Vico, uno dei laghi più belli e integri d’Italia.

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Curiosa la storia della valle di Vico, che la vuole creata da uno scatto d’ira di Ercole, che conficcò la sua clava nel terreno per sfidare gli abitanti del luogo: quando poi la rimosse, sgorgò un enorme getto d’acqua che riempì la valle e formò il lago.

In realtà la sua origine è vulcanica, ed è l’unico che ne ha meglio conservato la caratteristica forma. Tito Livio racconta questa zona come una selva impraticabile e spaventosa, e in effetti i romani si spinsero nella macchia Cimina solo quando espugnarono Sutri e inseguirono gli etruschi fuggiaschi in questi luoghi. E come non accorgersi dell’altra unica particolarità che rende questo posto incantato?

E’ l’unico che, dall’alto dei suoi 500 metri d’altitudine, accoglie faggi e cerrete che rivestono le pendici del perimetro del cratere. Ma il lago, e tutta la sua valle, offre accoglienza, oltre a una flora di tutto rispetto, a una fauna che non ha nulla da invidiare agli ungulati del Gran Paradiso.

Volpi, martore, faine e donnole la fanno da padroni, insieme a tassi e istrici che, da abili scavatori, tracciano tane tra i grandi massi vulcanici. Tutti insieme però si inginocchiano al cospetto del cinghiale, mammifero ultimamente tornato alla ribalta per essere arrivato a conquistare anche alcune zone di Roma nord.

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Che dire, poi, dei veri abitanti del lago? La fauna acquatica offre una infinità di esemplari particolari, quali il germano reale, il fischione, l’alzavola, la moretta, il moriglione e gli aironi. Ma è lo svasso maggiore che offre curiosità e interesse: simbolo della Riserva Naturale del lago di Vico, ha trovato giusta collocazione per i suoi nidi tra i canneti che circondano il lago.

Curioso nell’aspetto, quasi divertente, è ricoperto da ciuffi neri e da un evidente pennacchio castano e nero ai lati della testa durante il periodo della cova. Nel rispetto della natura e con una buona dose di fortuna, ci si potrebbe anche imbattere nella tipica danza che precede l’accoppiamento, osservando leggiadri volteggi a filo d’acqua che si concludono con l’offerta di un mazzetto di alghe quale dono nuziale.

E se la natura, a cui questo luogo ha lasciato libero sfogo per strabiliare e ricordare che è lei la prima e indiscussa padrona della terra, offre qui spettacoli unici che saziano la vista, l’olfatto, l’udito e il tatto, l’offerta gastronomica locale non poteva certo essere da meno, regalando soddisfazione al palato.

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Seppur scontata la proposta del territorio in quanto a una cucina indirizzata prevalentemente ai piatti a base di pesce, impossibile ignorare l’offerta dei prodotti tipici della Tuscia, nocciole e castagne su tutti, saggiamente festeggiate nel loro periodo di raccolta, o formaggio pecorino “condito” da un filo di olio evo rigorosamente dop.

O ancora marmellate e dolci della tradizione locale, le cui ricette sono sapientemente custodite e tramandate da generazioni.

Ecco, una giornata diversa, alle porte di Roma, è quello che Vignaclarablog.it consiglia: una escursione alle porte di Roma da fare in ogni stagione, perché se in autunno lo sguardo sarà incantato dal dominio del marrone in tutte le sue sfumature, in inverno qualche fiocco di neve può regalare un luccichio inconsueto, in primavera si potrà assistere al vero risveglio della natura, e in estate si potrà godere di un po’ di fresco piedi nel lago, fortunati testimoni di uno spettacolo unico al mondo, che è quello che la natura riesce a regalare.

Sonia Lombardi

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