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Bob, Livia e la Bolivia made in Vigna Clara

Galvanica Bruni

bolivia120.jpgAmanti della birra, questa non la sapevate. Nel cuore di Vigna Clara, da papà Bob e mamma Livia, spumeggiante e gustosa è nata Bolivia. Storia di due ragazzi e della loro passione per la bionda che li ha spinti a realizzarne una artigianale. Che piace e ha successo. Piccoli imprenditori crescono?

Può una passione tramutarsi in lavoro? Roberto Giunchi, Bob per gli amici, 25 anni, capigliatura arruffata, occhi pieni di voglia di imparare e costruire, ci sta provando. Appassionato di birra da quando sedeva tra i banchi di scuola e sognava le verdi terre irlandesi, oggi Bob è un degustatore certificato e si diletta a produrre, tra le sue quattro mura di via Zandonai, una birra artigianale.
Sogna di portarla nei migliori ristoranti, ma al momento la condivide solo con amici e pochi altri.

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Se il nome Bolivia può richiamare all’orecchio moti rivoluzionari, non lasciatevi ingannare, è in realtà il frutto di un incontro romantico e assolutamente italiano.
Lui Bob, lei Livia, fidanzati e amanti della birra, decidono un giorno per caso di preparane una casalinga, l’esperimento riesce, ne seguono tanti altri e la birra fonde i loro nomi: nasce così Bolivia.

VignaClaraBlog.it ha incontrato Bob per farsi raccontare la storia di questa passione tramutata in attività a tempo pieno, o quasi.

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Bob, com’è iniziata la tua passione per la birra artigianale? Ho scoperto la famiglia delle birre artigianali qualche anno fa, quando iniziava a diffondersi a macchia d’olio in tutta Italia, soprattutto a Roma. Hanno iniziato ad aprire beershop e locali, dove si beve buona birra e ci può intrattenere con chi vi lavora, veri appassionati che hanno molto da insegnare, dalle nuove birre in commercio agli eventi.

Che eventi vengono organizzati? Ce ne sono tanti, come per esempio “Fermentazioni” che si è svolto lo scorso settembre alle Officine Farneto. Da anni c’è poi l’IBF, Italia Beer Festival, con sede alle Officine Farneto fino a tre anni fa e adesso all’Atlantico all’Eur. Ogni anno raccoglie migliaia di appassionati, neofiti, produttori che per tre giorni girano per una quarantina di stand, bevono, degustano e si scambiano opinioni.
A me piace da morire, perché ti permette di condividere questa passione con tanta gente dimenticando qualsiasi potenziale attrito politico o calcistico.

Tengo a ricordare – sottolinea Bob – il rischio che si può correre. Se si esagera, questa passione può essere pericolosa, soprattutto con le birre artigianali che spesso superano anche gli 8-9 gradi. Infatti, durante questi eventi, si bevono anche bicchiere da 0,1, sei lì per degustare, non per prenderti la famosa “ciucca”.

Così sei diventato un vero degustatore di birra? Per anni mi sono fatto grandi risate nel guardare Antonio Albanese che imita il sommelier, un pazzo psicopatico che passa ore a parlare e fissare una cosa in un bicchiere. Bene, purtroppo o per fortuna, sono diventato uno di quelli, ma della birra.

Ho seguito un corso organizzato dall’Associazione Degustatori di Birra, ADB, con sede a Milano, ma un distaccamento a Roma molto attivo. Lì s’impara la birra: a berla, a capirla, a conoscerne caratteristiche e storia, compresa la legislazione che le ruota attorno.

Quali sono le caratteristiche per una buona birra? Dipende dallo stile e quanto rimanere all’interno dei suoi canoni. Esistono più di 50 stili, non è facile conoscerli tutti né distinguerne le sfumature.
Quando si degusta, si deve sempre stare attenti a una serie di cose: la composizione visiva prima di tutto, quindi la schiuma, il colore, la persistenza; poi c’è tutta la parte di naso, cosa senti e quanto è forte; il terzo passaggio è quello gustativo, si analizza acidità, sapidità, dolcezza ed amarezza.
Fatto il quadro completo, se sei allenato e hai esperienza sai dire di che stile si sta parlando e se all’interno di quello stile ci sono dei problemi.

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Risolviamo l’eterna diatriba, ci deve essere o no la schiuma? È schifata da molti, ma ci deve assolutamente essere. Certo dipende sempre dallo stile, la Barley wine, che di primo acchito sembra un vino, prevede quasi l’assenza di schiuma o comunque non persistente. Ma se mi dai una Pilsener o una Weiss senza schiuma, te la tiro! Quindi, diciamolo chiaro: la schiuma ci deve essere.

Bolivia che sapore ha? Ce ne sono diverse. Io sono legato in particolare a due: la Golden Ale, ambrata chiara, 4,5% di gradazione, fresca e dissetante, ideale per l’aperitivo; e Single Hop Cascade, ramata, 5,6% di gradazione, dal corpo deciso e un sapore più complesso, da bere con una bistecca o per rilassarsi. Quest’ultima non rientra tra i canoni di un particolare stile, ma piace molto, soprattutto al mio assaggiatore più fidato, nonché maggiore sponsor: mio padre.

Bolivia – continua a spiegarci Bob – si è poi affacciata un paio di volte al mondo delle scure, con risultati discreti ma soddisfacenti perché abbastanza difficili da fare. La birra scura è sempre una bella scommessa ed è anche il mio primo amore, nella mia prima fase di amante di birra ero un bevitore di birre irlandesi.

Quando e com’è nata Bolivia? Bolivia nasce nell’ottobre 2010 assolutamente per gioco, infatti nel primo anno ne abbiamo prodotte solo due. Sono convinto che chiunque si affacci al mondo della birra artigianale lo faccia per gioco, perché per poterci guadagnare se ne dovrebbe produrre in quantità industriali. Penso, quindi, che per tutti inizi come un gioco, divenga poi una passione e, infine, perché no, un lavoro.

Il nostro periodo di passione è iniziato nel 2012, anno in cui entrato nel team anche Giovanni Lepore, detto Nanni, e abbiamo iniziato a produrla più seriamente. Per l’ultimo passaggio…beh, speriamo che qualcuno ci caschi, prima o poi! Cerchiamo di fare tutto con professionalità, ma sempre divertendoci, ossia non dimenticando mai il motivo per cui abbiamo iniziato.

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Dove la producete? Tutto viene fatto in casa, ovviamente con le massime precauzioni per l’igiene. Abbiamo una stanza perfetta, perché mai esposta al sole e mantiene una temperatura di 22 gradi tutto l’anno. Clima ottimale per la fase di fermentazione e maturazione. Gli attrezzi di base sono: pentola, mestoli, bilancia, mulino, il fermentatore e gli attrezzi per imbottigliare. Ma i veri elementi imprescindibili sono tempo e voglia di fare.

Quali sono le fasi di produzione della birra? Il processo è abbastanza semplice, il segreto è conoscere bene gli ingredienti e saperci giocare. In sintesi, funziona così: primo step è macinazione dei grani, una combinazione dei cereali maltati che dà la gradazione alcolica. Una volta cotti, l’acqua sarà ricca di amidi e zuccheri e sarà possibile filtrare le trebbie. Per facilitare la pulitura, i grani vengono immersi contenendoli all’interno di una sacca di stoffa, che viene poi sollevata e strizzata.

Mentre l’acqua maltata bolle, avviene la luppolatura. Il luppolo conferisce l’amaro, oltre ad essere un buon conservante. Segue il travaso e il raffreddamento, fase molto veloce, perché la birra può essere soggetta al mondo esterno, pieno di germi e batteri pronti ad attaccare – spiega ironico e continua- Una volta al riparo dentro il fermentatore, si può inoculare il lievito.

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La fermentazione si attua attraverso il gorgogliatore, così chiamato per quel suono adorato che emette per avvertirti che hai fatto un buon lavoro: il gorgoglio, appunto. Passato il tempo opportuno, si può imbottigliare, s’inserisce zucchero bianco (di canna o miele) e si tappa.

L’ultima fermentazione viene così riattivata, essa rimane imprigionata all’interno della bottiglia e la gradazione alcolica sale. A questo punto devi solo aspettare: tre settimane/due mesi per gli stili più classici, anche tre anni per quelli più complessi.

Dove possiamo assaggiare una Bolivia? Il 16 novembre sarà regalata una Bolivia ai primi trenta fortunati che arriveranno a Le Mura, a San Lorenzo, per il concerto della band Bicchiere Mezzo Pieno, formata da amici che abitano anche loro a Vigna Clara, con cui ho già collaborato l’anno scorso per l’uscita del loro CD, in quell’occasione veniva data una birra omaggio per ogni CD venduto.
Da fine mese sarà possibile trovarla al Circolo Ricreativo Caracciolo, vicino a Piazzale degli Eroi. Per il futuro abbiamo grandi progetti: approdare nei migliori ristoranti d’Italia; ma questo è ancora un sogno…

Giulia Vincenzi

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