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Ferrovia Roma Nord, utente non vedente esasperato scrive all’Atac

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cancelli-chiusi.jpgFrancesco T., uno delle migliaia di pendolari che ogni giorno usufruiscono della Ferrovia Roma Nord, ieri è rimasto intrappolato nella stazione di Labaro, anche lui ostaggio dei disservizi in una giornata di sciopero. Con due particolari. Che ostaggio c’è rimasto nella fascia oraria di garanzia, quando il servizio doveva essere puntualmente fornito. Che lui è un non vedente. E il rimanere ostaggio è stato drammatico molto più che per gli altri. Ha deciso così di scrivere una lettera aperta al dr. Saccà, direttore Customer Care di Atac.

“Sono uno sfortunato utente non vedente della linea ferroviaria Roma Nord gestita dalla sua Azienda. Sfortunato non in quanto non vedente, sfortunato perché ogni santo giorno che Dio manda in terra mi tocca usufruire dei servizi della suddetta linea, e forzatamente non posso aspirare a far parte di quel 72% di miei concittadini che, dicono le statistiche, per disperazione ricorrono all’automobile per muoversi in città “

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“Dato il suo ruolo in azienda, devo supporre che lei sia a conoscenza degli inenarrabili disagi che noi utenti della Roma Nord patiamo quotidianamente: corse soppresse all’ultimo minuto, rimodulazioni di orario un giorno sì e anche l’altro, treni in condizioni igieniche da tradotta per animali, stazioni abbandonate a sé stesse e trasformate in discarica, mancanza di controlli per garantire sicurezza e dignità dei viaggiatori. A questi aggiungo quelli specifici di un utente non vedente che si ostina a volersi muovere in autonomia, col suo bastone bianco: la condivisione della banchina a Piazzale Flaminio dove rischio quotidianamente di essere travolto o spedito a gambe all’aria nei binari, la mancanza di indicazioni sonore sia nei treni che nelle stazioni.”

“Fino a ieri pomeriggio credevo che peggio di così non si potesse, ma ahimè, ho dovuto ricredermi: sulla Roma Nord non c’è limite al peggio. Ieri, 1 ottobre 2013, come suppongo lei debba sapere, era in corso l’ennesimo sciopero dei mezzi pubblici. Per inciso, glielo dico da delegato sindacale, ma perché non chiudete i dirigenti della vostra azienda e i rappresentanti dei lavoratori in una stanza e li tenete a pane e acqua finché non raggiungono un accordo?”

“Alle 17 – e qui entra nel vivo il racconto di Francesco – come suppongo tutti in Atac debbano sapere, il servizio doveva riprendere in quanto inizia la fascia di garanzia. Fiducioso, alle 17 mi sono recato alla Stazione di Piazzale Flaminio e sono riuscito a salire sul treno delle 17.06, zeppo tanto da sfidare le leggi della fisica, lei dirà perché era il primo dopo ore di sciopero, io e i miei compagni di viaggio le potremmo rispondere, documentandolo, che spesso è la norma. Chi non doveva sapere che alle 17 il servizio riprende erano i responsabili dell’apertura dei cancelli delle stazioni.
Infatti, quando circa alle 17.25 siamo arrivati a Labaro, sono sceso dal treno, ho imboccato la rampa per disabili e mi sono andato letteralmente a spiaccicare contro il cancello della stazione chiuso a chiave”.

“Ad avere occhi per vederlo – sottolinea ironicamente Francesco – quel che davamo doveva essere uno spettacolo imperdibile: una stazioncina di periferia, viaggiatori dietro il cancello come deportati della seconda guerra mondiale, viaggiatori dall’altra parte del cancello che vedevano sfumare la possibilità di salire sui primi treni dopo la sospensione. Preso da quella certa inquietudine che può mutarsi in panico e causare anche disastri, ho chiamato il 112, e la risposta è stata: siete in tanti a telefonare, dateci il tempo di arrivare! Mancando il soccorso pubblico e l’intervento dell’ineffabile chididovere, qualcuno ha perso l’ultimo residuo di fiducia e ha deciso di fare da sé: il cancello è stato letteralmente sollevato e trattenuto in aria da qualche aitante giovanotto, noi prigionieri siamo passati sotto, riguadagnando la libertà, al rischio che il cancello cascasse addosso a qualcuno e la tragedia fosse completa. Non so dirle se e quando sono arrivati i soccorsi perché, attesi altri 10 minuti, me ne sono andato a casa a stemperare la rabbia in famiglia.”

“Dott. Saccà, lei è il direttore del customer care di Atac, immagino che sia adeguatamente compensato per l’ingrato incarico di “Maloussene”, il parafulmine di una azienda al disastro, che non le invidio. Ma ha anche la possibilità di mostrare tutto il suo coraggio, reagendo a questa ennesima Caporetto. Qualunque cosa di buono farà, gliene sarà riconosciuto il merito nei secoli dei secoli, perché, mi creda, peggio di così non si può. O no?”

Aggiornamento: arrivata la risposta di Atac: leggila qui

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