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A tu per tu con i Grasshoppers, le cavallette di Ponte Milvio

Galvanica Bruni

grasshoppers120.jpgC’è un invasione di cavallette a Roma Nord. Puoi sentirle, sono loro, i Grasshoppers. Quattro ragazzi, tra 17 e i 21 anni che, partiti da Ponte Milvio, con il loro rock hanno sbancato il noto festival Emergenza, la più grande manifestazione di band emergenti al mondo. Dopo aver stravinto quarti di finale e semifinali, il prossimo 7 giugno si giocheranno l’accesso alle finali nazionali a Stazione Birra, prestigiosa cornice che ha visto suonare artisti del calibro di Steve Hackett, Carl Palmer, Steve Vai e Stef Burns. L’obiettivo è l’Alcatraz di Milano, per battersela con i migliori gruppi d’Italia nella finalissima.
I vincitori nazionali andranno in Germania al festival Open Air, ad esibirsi davanti a 30 mila persone e, per i primi in assoluto, una produzione professionale e un tour sponsorizzato.

Ma chi sono i Grasshoppers? Andiamo a scoprire chi, fino a poco più di un anno fa, a stento si conosceva l’uno con l’altro.

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A conoscerli ricordano i famosi Doors, lo storico gruppo psichedelico degli anni ‘60. Un insieme di caratteri che i Grasshoppers ricalcano.

Il Jim Morrison delle Cavallette è Giacomo Colloridi, il frontman: estroverso, carismatico e accentratore come il Re Lucertola, in più suona il basso.
Alla tastiera Lorenzo Zandri, il più “vecchio”: enfatico e saggio come Ray Manzarek, il leader spirituale del gruppo.
Lorenzo Russo, per tutti Tardo, il più piccolo, classe ’96, anche se con le bacchette in mano è un gigante, come John Densmore il batterista pieno di vita e di personalità del gruppo californiano.
Carlo Martino, silenzioso ma sempre presente, serio ma sempre sorridente, esprime le sue qualità meglio su sei corde che davanti ad un microfono. Come Robby Krieger, uno che parlava poco ma si faceva sentire sul palco.

E se caratterialmente i Grasshoppers ricalcano i Doors, dal punto di vista musicale si discostano dal rock psichedelico anni ’60. Le quattro cavallette suonano qualcosa di nuovo, qualcosa di futuristico, di mai sentito prima.

Una evoluzione stilistica che “parte dal rock più spinto. Siamo riusciti a fondere, con suoni e strumenti, il rock britannico anni 80 e 90 a qualcosa di più elettronico e moderno. L’idea iniziale era di unire il Britrock degli anni ‘90 e le influenze più moderne dell’Indie Rock, Alternative Rock. Ultimamente, da quando ho iniziato a usare il Synth, abbiamo dato una spinta elettronica alla nostra musica” racconta Zandri.

Un’idea, quella di formare un gruppo, nata due anni fa durante un viaggio a Berlino, e proseguita nel Laboratorio Musicale Ponte Milvio.

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Inizialmente le Cavallette erano tre come ricorda ancora Lorenzo: “Il gruppo nasce un po’ per gioco con questo mio amico, Giovanni, partecipavamo insieme anche a Giacomo ad un laboratorio musicale a Ponte Milvio. Giacomo rappresentava l’anima un po’ più british degli anni ’90: Oasis, Stone Roses. Giovanni aveva idee più elettroniche e psichedeliche, io volevo unire i due generi, ma alla fine lui se ne è andato e siamo rimasti io e Giacomo. Poi al laboratorio abbiamo incontrato Lorenzo (Tardo) e lo abbiamo arruolato. Si può dire che nasciamo in un laboratorio musicale“.

Ma mancava qualcosa, “dopo essere rimasti in tre per un annetto, ci siamo detti che serviva un chitarrista. Io conoscevo Carlo per un progetto scolastico e l’ho coinvolto nel gruppo. C’è ancora un mio post su Facebook che dice: regà conosco un tipo molto bravo e serio che vorrebbe entrare nel gruppo. Ma la verità è che sono stato io a chiedergli di entrare” aggiunge Colloridi. Interrotto da Carlo che esclama: “Bravo direi di si, serio un po’ meno!”.

Eccoli i Grasshoppers, allegri, spensierati e saltellanti. “Noi siamo così, quattro ragazzi scalmanati, come le Cavallette. Poi sicuramente c’è un grande riferimento ai Beatles nella scelta del nome, come i Fab Four un altro insetto che in qualche modo li evoca“.

Giacomo svela la genesi del nome, mentre lo spirituale Zandri parla di “un riferimento inconscio: una delle prime prove che facemmo era in una sala sulla Trionfale, in mezzo alla natura, in campagna. Quando eravamo ancora solo io e Giacomo iniziammo lì, un posto fuori dal trambusto urbano, quasi rurale, con animali e insetti che in città è difficile vedere, come le cavallette“.

Nel corso di questi due anni, racconta Tardo, “ognuno ha portato qualcosa di suo nella band. Ognuno porta quel suo tocco di un altro genere che rende tutto più armonico. Tra il moderno e il passato. Abbiamo iniziato così per divertimento, facendo solo cover, provando una volta a settimana. Un giorno così a caso, in sala prove, Giacomo se ne esce: “O regà sentite sto giro di basso” ed è il giro di basso della nostra prima canzone: In my way.”

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Così è nata la prima canzone dei Grasshoppers”, e da quel giro di basso, distante solo un anno fa, i quattro ragazzi scalmanati ne hanno fatta di strada.

All’orizzonte la finale del 7 giugno, un traguardo prestigioso al quale “Non si può mancare!” esclama raggiante Carlo.
Vogliamo tutti a Stazione Birra venerdì 7 giugno. Sarà una grande finale, con sedici gruppi divisi in due serate. La valutazione funziona su due diversi canali. Uno consiste nella votazione del pubblico, l’altra tramite una giuria internazionale. La votazione del pubblico avviene con i biglietti venduti e con l’alzata di mano. I primi otto che vengono votati dal pubblico vengono valutati dalla giuria di quattro produttori internazionali. Il primo di questi otto gruppi va a giocarsi la finale nazionale all’Alcatraz di Milano. Per ora abbiamo vinto i quarti e le semifinali, e siamo stati sempre primi. Le semifinali al Black Out, i quarti allo Zoo Bar.”

“Questo festival – aggiunge Carlo – per noi è importante per progredire, è un festival internazionale e di grande prestigio. Confrontarsi con altri gruppi e creare canzoni che non siano cover, come ci hanno consigliato di fare, così è iniziata la nostra produzione“.

Una produzione florida, che ha già raggiunto i dieci pezzi originali. Nati dalle menti di Giacomo e Lorenzo Zandri, che spiega: “Io scrivo i testi, tutti in inglese, perché è la lingua della musica. Le canzoni nascono dall’unione delle idee mie e quella di Giacomo. Ci vediamo e ci lavoriamo un po’ insieme. Decidiamo melodia, versi, cori. Poi io lavoro sul contenuto del testo vero e proprio. La lingua inglese è distante dal nostro mondo, è difficile partire da un testo in inglese, non essendo la nostra lingua madre”

E poi spiega: “Partiamo sempre dalla musica, il concetto è musicale. Il contenuto dei testi è spesso d’amore. Oppure alcuni escono da spunti del passato. On the road, per esempio, è sul libro di Kerouac, Tarantula è ispirata ad un romanzo di Bob Dylan. Spesso parto da citazioni che mi interessano e lavoro su quello. A volte sono veri e propri inni alla libertà: Feeling free e In my way sono i primi testi e riguardano il nostro spirito, il nostro modo di essere. Comunque il riferimento è sempre la Beat Generation“.

Tardo aggiunge eccitato: “Dai testi esce fuori la voglia che abbiamo di sentirci un po’ diversi dai ragazzi della nostra età e di questa zona. Sentirci liberi“.

Uno stile musicale innovativo e sofisticato quello dei Grasshoppers, testi impegnati e romantici, un mix vincente che ha permesso al gruppo nato a Ponte Milvio di raggiungere l’attesissima finale.

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Siamo fieri di suonare in finale di Emergenza. Siamo arrivati a limite che ci eravamo prefissati, è andata già benissimo così ma andiamo fino in fondo. Siamo molto contenti di essere arrivati fin qui, è un grande punto di partenza. Già il fatto di essere giudicati da una giuria internazionale, anche se il commento sarà negativo, sarà una cosa costruttiva per noi. Sicuramente ci darà una spinta. Poi dove si arriverà lo vedremo, il nostro grande sogno è poter suonare a Wembley tutti insieme un giorno. Il grande sogno è di essere prodotti, anche se come tutti sanno il mondo delle case discografiche in Italia non è facile“, così la vede Tardo, non nascondendo un po’ di tensione per il grande appuntamento.

Mentre Giacomo è fiducioso: “Un’organizzatrice ci ha detto che abbiamo buone possibilità di vincere, le nostre canzoni piacciono nonostante tecnicamente non siamo professionisti“. E Carlo conclude da sognatore: “Conosciamo un gruppo che non ha vinto Emergenza, ma arrivando in finale è piaciuto ad uno dei 4 produttori internazionali ed è andato a registrare all’Abbey Road Studio. Anche se non vinci, è un contest che ti da molte possibilità“.

Il sogno dei Grasshoppers continua. L’appuntamento è quindi il 7 giugno alle 19:45 a Stazione Birra per una grande serata di musica e per far proseguire l’avventura che stanno vivendo questi quattro scalmanati rocker di Roma Nord, le cavallette di Ponte Milvio.

Francesco Cianfarani

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