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All’Olimpico basta una romanella…

Galvanica Bruni

imbianchini.jpgDunque, ricapitoliamo. Prima ne era stato promesso uno nuovo di zecca, leggasi dalla vecchia gestione dell’As Roma, e pure un plastico del nuovo impianto sportivo era stato mostrato. “Eccolo, sarà il nuovo stadio della Roma”, ci avevano detto nel contesto di una conferenza stampa che aveva visto presentarsi a Trigoria, quartier generale giallorosso, giornalisti da ogni dove. Poi, dopo “non” aver spiegato dove sarebbe sorta questa nuova struttura, e al termine di mille depistaggi e altrettante veline di disinformazione quotidiana, s’era cominciato a intuire che quello era un bluff, una bolla di sapone, una bufala, chiamatela come volete.

In realtà la sensazione c’era stata sin da subito, proprio in sede di conferenza stampa, quando a un collega di quelli che farebbero le pulci pure alla madre venne impedito di riprendere con la sua telecamera il “confronto” sul nuovo stadio.

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Cambia gestione, arrivano gli yankee, “americà facce tarzan!” e “questi cianno i sordi” si cominciano a sprecare al punto che qualcuno è pronto a giurare che la nuova gestione romanista sarà in grado di costruire un nuovo “Maracanà”, o qualcosa di simile.
Più stellare, roba da far impallidire pure quelli del Pentagono per originalità e tecnologia all’avanguardia. Un giorno, due giorni, tre settimane, sei mesi… “ma lo stadio quanno lo fanno?”, cominciano a interrogarsi i tifosi, che nel frattempo sono pure rimasti abbagliati dall’accordo con la Disney e dalle vacanze in America, che adesso un po’ tutti s’augurano che non siano quelle con la regia dei fratelli Vanzina, con tutto il rispetto per i loro cinepanettoni, che ne son fruitore da vent’anni almeno e guai a chi me li tocca.

Patapim e patapam, ecco la novità, che arriva alla vigilia della santa Pasqua, forse perché qualcuno comincia a capire che il tifoso è ormai snervato dalla questione stadio, e allora è meglio non farlo “smadonnare”, termine poco giornalistico ma molto romanesco, in grado di far capire l’attimo fatale di chi è sull’orlo di una crisi di nervi.

Del resto, il suo nervosismo – quello del tifoso, s’intende – si può anche intuire, se non altro per la problematica dei parcheggi, vedi il piazzale antistante la Farnesina, che quando si gioca al calcio è sempre poco affollato, pare il deserto del Gobi, mentre le vetture dei tifosi vengono ammassate, appiccicate l’una con l’altra sul Lungotevere o dove capita, insomma, poi andatevele a cercare le macchine.

Eccolo lo scoop, la Roma continuerà a giocare all’Olimpico almeno fino al 2015, altro che nuova “Bombonera” o novello “Santiago Bernabeu”. Si continuerà a giocare per altri tre anni in uno stadio costruito quasi sessant’anni fa, rimodellato poco prima del ‘60 per l’Olimpiade e “sbudellato” alla vigilia di Italia ’90.

Stadio vecchio, stantio, antico, con buona pace della rivoluzione culturale della zona, legata ai lucchetti di “mocciana” memoria e relativi teenager d’assalto, pronti a ribadire la loro modernità dalle parti di Ponte Milvio.

Il nuovo (stadio) che avanza è nientepopodimeno che l’obsoleta struttura dove se ci si assiepa sulle file basse si ha la visuale interdetta dai cartelloni pubblicitari che stazionano a bordo campo e se si compra il biglietto dei distinti la partita si vede da dietro una vetrata, come se si stessero osservando i pesci dentro un acquario.

Soprassediamo, stavolta, sul posizionamento delle transenne sparti-pubblico, che un paio di queste poggiano proprio sul “cerchietto” dove dovrebbero atterrare gli elicotteri in caso di gravi problematiche, chessò…c’è uno da portare di corsa all’ospedale.

Si parla di nuovo look, qualche rifacimento, una scartavetratina qua e una romanella proprio lì, poi per un triennio tutti zitti, che questo passa il convento. Anzi no, fate cagnara, alzate la voce e storditevi col calcio, che così non pensate ai problemi e alla crisi. Che scriveva Luigi Pirandello? Così è se vi pare…

Massimiliano Morelli

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1 commento

  1. Nei giorni scorsi ho accompagnato mio figlio a visitare il Camp Nou di Barcellona: lo stadio, senza pista di atletica, con le prime file ad un paio di metri dal bordo campo, è una struttura che, pur affascinante, denuncia la sua età ultracinquantennale. La cosa straordinaria è come esso venga valorizzato e sfruttato commercialmente con visite guidate ed iniziative di vario genere (non ultima il fatto che il Barcellona Basket giochi a pochi metri dal campo di calcio). Anni luce dall’approccio italiano, in cui la proprietà dello stadio non coincide con l’interesse di chi dovrebbe sviluppare l’iniziativa…

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