Home ATTUALITÀ Cassia – “Misery non deve morire” allo Stabile del Giallo

Cassia – “Misery non deve morire” allo Stabile del Giallo

Galvanica Bruni

Con intervista al regista, Raffaele Castria – Il Teatro Stabile del Giallo di via al Sesto Miglio, 78, sulla Cassia, ospita fino al 4 marzo “Misery non deve morire”, una rappresentazione tratta dal best-seller di Stephen King del 1987 che vede sul palco i bravissimi Nino D’Agata e Susanna Schemmari. Questo spettacolo pennella la discesa agli inferi dei due protagonisti, uno scrittore di romanzi popolari che ha un incidente stradale e una sua fan psicopatica che lo porta a casa per curarlo personalmente e che non desidera che l’eroina della sua serie preferita, Misery Chastain, trovi la morte nell’ultimo capitolo della saga a lei dedicata.

L’idea principale del romanzo, scritto fra il 1984 e il 1986, viene all’autore durante un viaggio aereo verso Londra: una volta arrivato a destinazione, al Brown’s Hotel, King non riesce a dormire avendo la necessità di mettersi a scrivere.

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Il portiere dell’albergo, allora, lo conduce ad una scrivania e gli dice che era stata usata da Rudyard Kipling, aggiungendo solo in seguito che lo scrittore e poeta britannico vi era morto a causa di un colpo apoplettico mentre stava scrivendo.

A quella scrivania, King riempe sedici pagine di bloc-notes e la sua idea originaria è quella di comporre un racconto intitolato “The Annie Wilkes Edition”. Tuttavia, i personaggi si rivelano più complessi e la situazione iniziale si sviluppa naturalmente in una direzione diversa da quella originariamente prevista.

Nasce così un capolavoro e un best-seller che ha inquietato ed inquieta milioni di persone in tutto il mondo e che, come ammette lo stesso King nella sua autobiografia, riflette anche e non troppo inconsciamente la sua condizione di tossicodipendenza di quel periodo.

Nel 1990 dal libro viene tratto un film acclamato dal pubblico e dalla critica. Diretta da Bob Reiner (“Stand by me – Ricordo di un’estate” e “Harry ti presento Sally”) ed interpretata da James Caan e Kathy Bates, la pellicola, costata venti milioni di dollari, incassa solo negli Stati Uniti più del triplo del suo budget. Per la sua straordinaria interpretazione di Annie Wilkes, Kathy Bates si aggiudica con merito il Golden Globe e l’Oscar, rendendo con eccezionale efficacia il carattere disturbato ed insano del suo personaggio, uno dei ruoli più riusciti e più intensi nella galleria cinematografica dei “cattivi”.

Ora l’incontro fatale tra Paul Sheldon e Annie Wilkes rivive sulle assi del Teatro Stabile del Giallo, che il primo febbraio compirà 27 anni di vita. Nino D’Agata (attore, doppiatore e regista) interpreta lo scrittore di successo, mentre Susanna Schemmari, cofondatrice del teatro con base sulla Cassia e splendida interprete, veste i panni dell’ex infermiera che salva la vita del suo autore preferito e che in seguito scopre che Sheldon ha deciso di porre fine alla serie “Misery”, facendo morire la sua eroina.

Da quel momento in poi inizia l’atroce (e a tratti divertente) discesa agli inferi raccontata in questo spettacolo diretto da Raffaele Castria, che da dodici anni si occupa anche della direzione artistica del teatro e che ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda.

A colloquio con Raffaele Castria, regista dello spettacolo e direttore artistico del Teatro

Quali sono le tematiche affrontate nello spettacolo e quale atmosfera si troverà a vivere lo spettatore? E’ la storia di una prigionia, dove il carcere è rappresentato dall’immancabile “casa maledetta”, in una versione di campagna che accentua l’isolamento del suo abitante – mostro e della sua vittima, rinchiusa in una cella che, guarda caso, è la stanza degli ospiti: proprio in questo ambiente, a metà strada fra una camera da letto privata e quella di un allucinante day hospital, si svolge la maggior parte delle vicende dello spettacolo, quelle relative all’interminabile confronto o, meglio, alla lotta per la sopravvivenza fra Annie e Paul. I protagonisti sono soggetti a stati di alterazione mentale, dovuti rispettivamente al dolore (Paul) e alla follia (Annie).

Tale stato viene introdotto nel mio spettacolo da una scenografia distorta, dalle prospettive “sbagliate” che avvicinano la stanza a un antro quasi da orco. Il gesto finale di Paul rappresenta, non la liberazione di un uomo solo, ma di un’intera categoria, quella degli “scrittori di best seller frustrati”: nel Paul Sheldon del libro, infatti, non è difficile riconoscere un alter ego dello stesso King che, autore di successo stanco di scrivere una letteratura unicamente destinata al consumo di massa, decide di scrivere il primo romanzo “serio” della sua vita e contemporaneamente porre fine al ciclo che lo aveva reso famoso, facendone morire l’eroina.

Fra il desiderio di questo riscatto e la sua realizzazione si pone però con tutta la sua forza il “lettore assiduo” (così come viene definita Annie Wilkes nel libro), che assurge a simbolo del consumatore medio americano: con il suo enorme potere di decidere quello che si vende e quello che non si vende, opera un ribaltamento dei ruoli fra produttore e consumatore, riducendo lo scrittore alla condizione di lavoratore coatto che è costretto a rimanere in vita per scrivere solo un certo tipo di letteratura.

Attraverso un’ironica e metaforica “discesa agli inferi”, Annie rende evidente lo status subordinato di Paul, facendogli bruciare con le sue mani l’unica copia del suo sudatissimo libro “serio”, costringendolo a resuscitare Misery ma soprattutto tenendolo a letto fasciato ben stretto, come si faceva una volta nelle nostre campagne con i neonati. Ed è proprio il rapporto madre – “figlio in fasce” quello che si instaura fra lo scrittore e la ex – infermiera omicida: Annie “accudisce” Paul, Paul deve fare “il bravo” per avere l’anti – dolorifico e via dicendo.

Naturalmente la storia si complica ulteriormente per il fatto che l’amore materno di Annie si colora di sfumature incestuose: Annie, infatti, vuole essere anche notata come donna, vuole l’amore del suo idolo, e si infuria quando ne riceve solo menzogne o tentativi di seduzione.

Il vostro “Misery” è più simile al libro o al film? Direi senz’altro al libro! Il film, che ho visto da ragazzino, non me lo ricordo nemmeno tanto bene e mi sono ben guardato dal rivederlo!

Come dicevi tu prima, nel libro King affronta la tematica dello scrittore schiavo dei suoi lettori: quale deve essere un atteggiamento “sano” per un autore rispetto al proprio pubblico? Ignorarne l’esistenza – risponde senza esitazioni Castria per poi aggiungere: questa è naturalmente la mia opinione personale!

Vuoi farci una breve presentazione dei due attori protagonisti? Nino D’Agata e Susanna Schemmari sono due fantastici attori: misurati e realistici, hanno entrambi raggiunto una piena maturità artistica; guardarli lavorare e collaborare con loro è un piacere e un privilegio.

Giovanni Berti
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