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Cassia – Via dell’Acqua Traversa, dalle stelle alle stalle

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Via dell’Acqua Traversa è una stretta strada che collega via Cassia Antica con il Villaggio dei Cronisti; alla fine degli anni ’70 costeggiava un vecchio magazzino militare e grandi prati dove pascolavano i cavalli da trotto di un vicino allevamento. Nei pressi del ponte sul fosso sorgeva una vecchia casupola che il suo stravagante inquilino aveva decorato con centinaia di bambole di celluloide; era uno dei tanti luoghi meta delle scorribande giovanili.

Oggi la via è cambiata completamente: al posto del magazzino un moderno complesso di edifici che ospitano il Comando in Capo della Marina Militare; invece dei cavalli da trotto ci sono quelli da sella perché le vecchie scuderie sono state trasformate in un moderno maneggio; il “bambolaro” non c’è più anche se la casupola è rimasta al suo posto.

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Nonostante la grande strada asfaltata, il complesso di edifici residenziali e un circolo sportivo, Via dell’Acqua Traversa non è migliorata affatto anzi sembra essere peggiorata con la sua trascuratezza e le innumerevoli situazioni di degrado.

All’incrocio tra Via Taormina e Via dell’Acqua Traversa in un ampio spazio è stato realizzato anni fa un deposito di materiali per la manutenzione di strade, fossi e fogne nel territorio del XX Municipio.
Ora quando si parla di un deposito in genere ci si aspetta un luogo ben ordinato con le attrezzature sistemate su scaffali, i mezzi allineati e i materiali in terra suddivisi in base alla natura: non una discarica.

Perché quel deposito che raccoglie un po’ di tutto, dai travertini dei marciapiedi ai “sampietrini”, dai pezzi di asfalto ai calcinacci, dai vecchi copertoni ad uno sgangherato container sembra veramente un discarica o un accampamento in disuso di nomadi.

Chi abita nei pressi ha sotto gli occhi uno spettacolo davvero indecoroso.
Sicuramente tutto quel materiale è necessario alla manutenzione di strade e fogne e i materiali sono stati probabilmente raccattati facendo la pulizia dei fossi ma quello che è possibile vedere dalla strada non è un bello spettacolo.

Se si prosegue lungo Via dell’Acqua Traversa si costeggia la Riserva dell’Insugherata che negli anni ’70 ancora non era stata istituita; anche qui ci troviamo davanti ad uno spettacolo desolante perchè tra fango, erbacce e una recinzione rugginosa e sgangherata, non sembra certo di essere in una Riserva.

La tabella in legno di Roma Natura, rovinata e sbilenca, è in tema con il paesaggio.
Le cose però precipitano non appena si affronta la curva che immette su Via Panattoni; il povero Fosso dell’Acqua Traversa, dopo il suo lungo viaggio attraverso la Riserva, ora percorre tratti che sembrano fogne: le rive sono ingombre di rifiuti e l’acqua ha un colore indefinibile.

La “fascia di rispetto” di 50 metri prevista dai Piani Paesistici e dai piani di assetto è come volatilizzata; al suo posto impianti, cemento, parcheggi e una grande quantità di detriti e rifiuti.

All’interno del bellissimo canneto di bambù che farebbe la gioia di un botanico, sopravvivono i resti di numerose baracche con il loro corollario di sporcizia e materiali invecchiati: vasche da bagno, lavatoi, reti metalliche, frigoriferi e poi un certo numero di ondulati in eternit utilizzati come tetto.
Siamo nei pressi della confluenza della Rimessola nel Fosso dell’Acqua Traversa; stiamo parlando di due fossi che si originano in una riserva naturale e che dovrebbero presentare acque limpide in grado di ospitare una interessante flora e fauna.
Quello che invece è possibile vedere è ben altra cosa.

Se si prosegue lungo Via Panattoni, tra i rifiuti che abbondano e nel luogo dove più volte sono stati avvistati dei cinghiali, abbiamo trovato la solita razione di pane secco e pizza ad uso esclusivo dei selvatici.
A Genova e Trieste sono scattate le prime multe, previste da una ordinanza del Sindaco, per chi si ostina a dar da mangiare ai cinghiali che bazzicano le zone periferiche.

Forse se non si decide di bonificare quei luoghi e ripristinare la recinzione bisognerà fare la stessa cosa; alle “gattare” rimane comunque una qualche dozzina di randagi da sfamare.

Francesco Gargaglia

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