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CE: Conformità Europea o China Export?

Galvanica Bruni

Chissà quante volte abbiamo gettato uno sguardo frettoloso alla minuscola sigla CE convinti di acquistare un oggetto costruito secondo le Direttive Comunitarie e conforme alle norme di sicurezza. Nella realtà le cose non stanno proprio così e in questo periodo di affannosi acquisti, soprattutto di materiali elettrici per decorare l’albero e il presepe, un poco di attenzione in più non guasterebbe.

La marcatura CE, obbligatoria su molti prodotti ma non tutti, è un logo che attesta la conformità di un oggetto ai requisiti di sicurezza; non si tratta né di un marchio di qualità né di un marchio di origine e la sigla sta proprio per “Conformità Europea” (e non Comunità Europea). Il CE che troviamo su tanti prodotti non deve essere più piccolo di 5 mm e le due lettere devono essere ben distanziate.

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Poiché la marcatura viene applicata a seguito di una “dichiarazione di conformità” del costruttore la sua applicazione in assenza di specifici requisiti costituisce un reato. E allora ecco spuntare altre sigle, simili, in grado di indurre in errore il consumatore.

E’ il caso della China Export (CE) il cui logo è del tutto simile a quello europeo ma le due lettere sono molto ravvicinate così da far pensare ad un marchio di conformità. Ovviamente possono essere fabbricati in Cina anche materiali conformi alle direttive CE ma in questo caso la sigla applicata sarà quella corretta.

E allora basta controllare se la “C” e la “E” sono sufficientemente distanti? No, non basta.

La Direttiva 2006/95/CE emanata dal Parlamento Europeo che garantisce che i materiali elettrici immessi in commercio non pregiudichino, in caso di installazione, la sicurezza personale non si applica a numerosi prodotti tra cui le prese (basi e spine) a uso domestico. E’ pertanto inutile cercare disperatamente la sigla CE su una presa multipla che dovrà alimentare luci e lucine ed apparecchiature elettriche.

La Comunità Europea in questo caso non ne ha voluto sapere e ha privilegiato gli interessi delle singole nazioni; e allora tanto vale puntare sul sicuro…..ricordando però che tutte le altre apparecchiature elettriche, anche quelle con circuiti a bassa tensione, devono assolutamente essere “conformi”.

E se decidiamo di acquistare per il cenone natalizio piatti, bicchieri e posate di plastica, decisamente più comodi, a cosa dobbiamo fare attenzione?

Se facciamo una ricerca sul web un brivido ci correrà lungo la schiena perché scopriremo che la plastica per alimenti (polietilene a bassa densità, Bisfenolo-A e polistirene) a contatto con l’acqua o liquidi bollenti rilascia sostanze chimiche che a lungo andare possono essere tossiche.

La Comunità Europea è corsa ai ripari emanando norme molto precise in merito alle sostanze impiegate e alla marcatura; le stoviglie e i contenitori per alimenti devono riportare un simbolo triangolare, tre frecce che si rincorrono, con un numero che indica la plastica utilizzata (il 4 per piatti e bicchieri).

In un articolo intitolato “Le plastiche killer” si consiglia comunque di evitare quelle con numero 3, 6 e 7 perché contenenti PVC, polistirene e BPA e di non acquistare oggetti privi di ogni marcatura.

Abbiamo fatto una veloce, quanto anonima, indagine in numerosi esercizi commerciali di Roma Nord ed in particolare di via Cassia e ci ha confortato scoprire che la maggior parte dei prodotti plastici è prodotta in Italia e riporta in modo corretto la marcatura; per i materiali elettrici invece la cosa si complica perché spesso i loghi sono minuscoli o del tutto assenti.

Qualcuno potrebbe obiettare che la ricerca spasmodica di marchi e indicazioni costringerà l’utente a circolare con manuale delle istruzioni e lente di ingrandimento al seguito. Proprio così…. ma è preferibile perdere qualche minuto per capire cosa esattamente stiamo acquistando che mettere a repentaglio la nostra salute e quella dei nostri figli.

Francesco Gargaglia

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