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Hamburger Hill: la collina di Forte Antenne

Duca Gioielli

Tra Villa Ada e il corso del Tevere c’è una grande collina ricoperta da un fitto bosco; sulla sommità, all’interno di una bella pineta, sorge uno degli antichi forti destinati alla difesa di Roma. Stiamo parlando di Monte Antenne e dell’omonimo forte. Il nome deriva certamente da un antico insediamento sabino denominato “Antemnae” che significa “davanti ai fiumi” (siamo in prossimità della confluenza del fiume Aniene nel Tevere).

Su questo ‘monte’ che sovrasta la parte settentrionale della città fu realizzato tra il 1882 e il 1891 un forte dalla forma trapezoidale che aveva una importante funzione strategica in quanto era in grado di opporsi agli attacchi provenienti dalla Via Salaria che gravitavano sull’asse Roma-Ancona.

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Il forte con il tempo perse ovviamente importanza e dopo essere stato utilizzato come caserma e magazzino fu praticamente abbandonato al suo destino: oggi è occupato da alcune famiglie che vi risiedono stabilmente.

Numerosi sono i progetti che lo hanno interessato: dall’ipotesi di trasferirvi l’Ostello della Gioventù a quella di utilizzarlo come sede universitaria o albergo di lusso. Fatto sta che nessuno di questi è andato in porto e oggi il forte e il parco che lo circonda, utilizzato fino agli anni ’70 come camping, sono in uno stato di grave trascuratezza.

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A Monte Antenne si arriva dalla Via Salaria percorrendo Via di Ponte Salario (oppure dai campi dell’Acqua Acetosa passando davanti alla bellissima Moschea): una strada a senso unico molto utilizzata per sottrarsi al traffico della caotica Circonvallazione Settentrionale.

All’interno del parco, oltre ad un paio di edifici c’è anche un Distretto della ASL; una strada asfaltata malmessa e piena di buche gira intorno al forte.
Di Forte Antenne oggi è possibile vedere solo l’ingresso e una parte dell’antico fossato ricolmo di rifiuti; l’alta vegetazione cresciuta in modo disordinato impedisce di osservare altro se non la sommità erbosa di quello che forse era un deposto di munizioni.

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Se si vuole attraversare il parco è sufficiente camminare lungo quel che rimane della strada che un tempo serviva il campeggio; ancora oggi sopravvivono i resti dei “posti antincendio” e un gran numero di “nasoni” che (meraviglie delle meraviglie!) erogano acqua in grande quantità.

Tutta la pineta è in uno stato di grave abbandono e piena di rifiuti.
E’ un vero peccato che questo parco sia lasciato in queste condizioni miserevoli perché presenta luoghi di suggestiva bellezza: alle spalle del forte ci sono un paio di terrazze naturali (per raggiungerle bisogna passare in mezzo ad una piccola palude) che si affacciano su Roma Nord.
Dal ciglio di queste terrazze è possibile vedere in lontananza i monti Sabini innevati; in primo piano invece le piste dell’aeroporto dell’Urbe e poi, in prossimità di una grande ansa, la confluenza dell’Aniene nel Tevere.
Uno spettacolo davvero inusuale anche per un romano doc!.

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Proseguendo lungo la strada si arriva ad una zona sovrastante che ci riporta alla mente le immagini del celebre film di John Irvin: Hamburger Hill, collina 937.
Un gruppo di giovani reclute viene mandata a conquistare una collina tenuta strenuamente dai vietnamiti: l’azione incessante delle artiglierie riduce quel piccolo cono di terra in un ammasso di alberi abbattuti e di terra.

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Anche sul lato nord-est di Monte Antenne sembra di essere sulla “collina tritacarne”: sono decine gli alberi spezzati e abbattuti che cadendo rovinosamente a terra hanno trascinando nella caduta anche pali e fili elettrici. Ovunque c’è un groviglio inestricabile di tronchi, rami e corteccia: uno spettacolo davvero suggestivo che fa pensare alla furia della natura e all’incuria degli uomini.

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Proviamo a chiedere informazioni alle persone che la mattina portano a passeggiare i loro cani. Sono tutti concordi nell’affermare che di giorno si tratta di un luogo sicuro; la cosa curiosa è che nonostante i rifiuti, la sporcizia e la trascuratezza, in fin dei conti, Monte Antenne lo preferiscono così.

Un distinto signore accompagnato da una cagnetta bianca e nera chiarisce il concetto: meglio un parco trascurato e selvaggio a un qualche giardino abbandonato e privo di manutenzione.
Se non altro si risparmiano i soldi del contribuente.

Francesco Gargaglia

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