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Insugherata: in cerca di tracce con Robin Hood

Duca Gioielli

rhRobin Hood in questi ultimi mesi ci ha inviato numerosi comunicati per denunciare lo stato di degrado all’ interno della Riserva dell’ Insugherata, degrado le cui cause sono molteplici ed in parte parrebbero essere attribuibili anche ad una certa inerzia di chi gestisce questo incredibile bene. Ma nonostante tutto la Riserva dell’Insugherata continua a rimanere uno degli esempi più stupefacenti del patrimonio verde di Roma Nord. Un angolo di natura incontaminata in uno dei quartieri più caotici e disordinati di Roma, la zona Cassia, l’Insugherata a dispetto del degrado continua a rimanere un luogo dove è possibile fare incontri stupefacenti, soprattutto con le tracce che la natura e la storia lasciano in abbondanza.

Facciamoci guidare dall’amico Robin Hood in questa passeggiata. 
“Nella Riserva si dovrebbe entrare con un binocolo e un qualche manuale di botanica per osservare ad esempio, nei particolari,  un falco che, ad ali spiegate e sfruttando il calore generato dal terreno, sorvola le ampie distese coltivate; o riconoscere le piccole rondini dal ventre bianco (balestrucci) che ben allineate si riposano sui cavi dell’ alta tensione; o  individuare la miriade di  piccoli fiori colorati che abbelliscono i margini dei fossi – ci spiega il nostro amico – ma si può entrare anche per una semplice passeggiata e scovare incredibili tracce. Tra queste numerose sono quelle lasciate dall’ istrice, un grosso roditore che perde i suoi aculei come noi perdiamo i peli del corpo. Si trovano sui sentieri, nel bosco o lungo i piccoli passaggi  creati da questo notturno e abitudinario abitante della Riserva. Passeggiando nei boschi di sughera è possibili individuarne facilmente le tane a causa della terra smossa e gettata all’esterno degli ingressi delle gallerie. Ma altre tracce – continua Robin Hood – è possibile scovare sul terreno specie nelle zone sabbiose accanto ai fossi (quello della Rimessola e dell’ Acqua Traversa  resentano una buona ecologia e acque abbastanza pulite): si tratta di conchiglie fossili che hanno migliaia se non milioni di anni” ci spiega il nostro amico scrutando il terreno…

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“Affiorano dal terreno, il più delle volte danneggiate, ma non è da escludere  un bel ritrovamento: una bianca conchiglia fossile che è rimasta interrata per millenni. Se poi si è abbastanza fortunati si possono scovare anche piccoli frammenti di chissà quale antica civiltà che ha soggiornato nell’ Insugherata: è stato accertato, dai ritrovamenti effettuati, che una colonia etrusca, proveniente dalla città di Vejo, si stabili’ su quella che oggi viene chiamata Collina INA (la collina tra Via Cortina d’ Ampezzo e il tratto finale di Via dell’ Acqua Traversa).”

“Altre tracce sono le piume degli uccelli numerosissimi in tutta la Riserva: da quelle più morbide di gufi e civette (così morbide da non fare nessun rumore durante il volo notturno) a quelle grandi e colorate di cornacchie  e gazze. Ed anche le tracce lasciate sul terreno sono numerose e non bisogna essere dei pellerossa per riconoscere l’impronta di una volpe (simile all’ impronta di un piccolo cane) o quella di un cinghiale”
Ebbene si, sembra incredibile ma Robin Hood ha detto proprio cinghiali.  “Forse provengono dai territori limitrofi – ci spiega – fatto sta che frequentano la riserva: tracce inequivocabili sono state individuate, poco tempo fa, nei pressi del Circolo del Tennis Valleverde. La terra smossa come se fosse passato un aratro e le impronte pesanti, inconfondibili, delle due grandi unghie principali  accompagnate, subito dietro, da due fossette (gli speroni) ne sono la prova”.

“Nell’ Insugherata si trova un po’ di tutto, tracce sul terreno, aculei, ossa e a volte la pelle intatta di un serpente che ha ultimato la muta e sfilato la pelle come un calzino” ci spiega Robin indicando una macchia scura sul terreno. “Se siamo vicini alla zona umida si tratterà sicuramente di una natrice, un innocuo serpente scambiato spesso per una vipera. La natrice si ciba di pesci, rane e girini, ha il corpo molto affusolato (a differenza delle vipera che è più tozza e con la coda corta) e si muove molto rapidamente. Al primo rumore correrà a nascondersi tra la vegetazione o in una pozza d’acqua”.

“Ma parlando di tracce non possiamo infine dimenticare quelle abbondanti che l’uomo deposita in ogni angolo della Riserva – si accalora Robin – si tratta di tracce evidenti, colorate e persistenti che non risparmiano nessun luogo di questo piccolo paradiso. Buste di plastica, bottiglie, lattine, carte, fazzoletti, scatolette di latta, pacchetti di sigarette: allo stesso modo di come l’istrice perde i suoi splendidi aculei il bipede civilizzato distribuisce le sue tracce con maniacale precisione nei campi e all’interno dei boschi!.”   

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Robin ha tutte le ragioni: la Riserva Naturale dell’ Insugherata è un piccolo gioiello e come tale dovrebbe essere mantenuto e studiato. Dovrebbe ad esempio essere frequentato e visitato da tutte le scolaresche della zona che in questo modo potrebbero apprendere “dal vivo” la bellezza di questi luoghi e imparare ad averne rispetto. Ma soprattutto la Riserva deve continuare a vivere così come è, senza profanazioni, protetta e vigilata con amore. 
Robin Hood  si è autoassegnato spassionatamente questo compito, e noi lo ammiriamo proprio per questo.  (Red.)

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3 COMMENTI

  1. Interessante l’articolo sebbene vorrei ricordare al comitato Robin Hood che, in base alla Legge 1 giugno 1939, n. 108, riprese nel decreto Ubani del 2004, la detenzione di cose di interesse di interesse paleontologico ed archeologico è vietata e sanzionata con un’ammenda.
    Ciò vale anche per i fossili ed i frammenti che ha raccolto sebbene non abbiano valore commerciale.

    I problemi derivanti dalla raccolta dei fossili sono svariati:

    1 – se il collezionista non è addentro alle questioni paleontologiche potrebbe non rendersi conto di quello che ha e che ha sottratto alla scienza, alterando affioramenti o creando alterazioni biostratigrafiche

    2 – toglie lavoro a chi dello studio dei fossili ha fatto il proprio mestiere

    3 – perchè a volte il lavoro del raccoglitore che si dice amante della ricerca brucia tutti i concetti e i procedimenti tipici della ricerca quali lo studio degli affioramenti da cui estrarre i fossili e delle caratteristiche tipiche dei fossili stessi, compreso la scelta di quando pulirli e quando no e quali procedimenti adoperare

    ricordo tra l’altro che la forza di polizia nel caso del Codice Urbani (2004) e la sovrintendenza dei beni culturali possono sequestrare le collezioni scegliendo se farle conservare ai collezionisti a patto di aprire le proprie case all’utenza in visita o portarsele via, in più può multare i collezionisti.

    Cerchiamo in questo di violentare meno possibile la riserva e le sue bellezze evitando di incentivare le persone alla raccolta di materiale fossile di estremo interesse paleontologico. Fate più attenzione la prossima volta.

    Cordiali saluti. Prof. Pasquale Sulas

  2. Putroppo lo scempio paleo-archeologico è presente su tutto il nostro territorio nazionale. Comprendo che per chi non è del mestiere è facile incappare in queste “leggerezze”. La riserva dell’Insugherata ormai è da anni una miniera di fossili per paleontologici in erba a tal punto che intere pareti sono state depredate in maniera massiccia creando non pochi problemi anche alla fauna presente. Alla luce di quanto ha scritto il signor Sulas credo sia necessario che ognuno di noi salvaguardi questo immenso patrimonio di cui la riserva ci rende dono. Cordiali saluti. Fernando

  3. Hanno ragione il Prof. Sulas e Fernando: l’articolo non voleva in nessun modo incentivare la “raccolta di materiale fossile” che tra l’altro affiora spontaneamente dal terreno e una volta fotografato può essere lasciato sul posto
    Quello che non capisco è come si può parlare di “scempio” o “sottrazione alla scienza” o “sequestro con multa” riferendosi a conchiglie che sono sul terreno e vengono calpestate e distrutte da trattori, autocarri che portano materiali edili, macchine agricole, cavalli, pecore al pascolo, aratri, trebbiatrici senza che questo fatto provochi nessuna ansia a chi dello studio dei fossili ha fatto il proprio mestiere!
    Le pareti sono state depredate più che dai paleontologi in erba dalle macchine agricole che dopo aver rivoltato il terreno ne hanno provocato, a causa delle piogge, l’ erosione (basta andare a vedere la collina prospicente Tomba di Nerone).
    Di fronte al vero scempio di una fogna che per tre mesi ha riversato liquami all’ interno della Riserva non una voce si è levata (tranne quella di RH) per denunciare quella che è stata la “vera violenza” a questo immenso patrimonio!
    Ma prossima volta faremo più attenzione………….cordiali saluti, Robin Hood.

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