Prosegue il Viaggio sulla Cassia antica con la seconda parte dell’articolo dedicato alla Tomba di Nerone. Per leggere la prima parte dell’articolo cliccare qui.
Il grande sarcofago marmoreo datato al III secolo d.c. si erge su un alto basamento in laterizio frutto di un restauro del secolo scorso; la decorazione interessa la fronte, i lati corti e il coperchio a doppio spiovente, che sormonta l’arca.
Una tabula biansata fa da cornice all’epigrafe che occupa la parte centrale della fronte del sarcofago; due Dioscuri con lancia e cavallo inquadrano l’iscrizione, mentre il rilievo delle due colonne ai margini della fronte chiudono la decorazione.
Da E. Equini Schneider.
Brusco è il distacco che si ha nell’osservare la resa del rilievo che interessa i lati corti rispetto alla fronte: forse è stato eseguito da un aiuto di bottega che ancora mostra incertezza nello stile, poco raffinato e nella sommaria cura dei particolari. L’altra ipotesi vede questo bassissimo rilievo come aggiunta decorativa realizzata in un secondo momento. Ad ogni modo i lati corti sono interessati dalla raffigurazione di due Grifi Alati, uno su ciascun lato: sul fianco sinistro l’animale è ritratto imberbe proteso in un poderoso salto che lo lascia a mezz’aria nel vuoto della lastra.
Da E. Equini Schneider
Sul fianco destro, l’altro Grifo, barbato, atterra su una la testa taurina.
Da E. Equini Schneider
Il coperchio è interessato da tre soggetti iconografici differenti: negli acroteri frontali Vittorie Alate sostengono Trofei, in quelli laterali due Aquile con ali spiegate trattengono nei loro artigli un Serpente, mentre le antefisse del tetto sono decorate dalla figura stante di soldato con scudo, lancia ed elmo, purtroppo poco visibile per lo stato conservativo del monumento, attributi che richiamano la figura di Marte Ultore.
Tutto l’apparato decorativo del sarcofago è pertinente al linguaggio iconografico dell’arte ufficiale, anche se la resa qualitativa non è delle migliori.
I Dioscuri protettori dei cavalli e degli eserciti rientrano nel simbolismo funerario come allegoria della resurrezione e dell’immortalità. I Grifi tema frequente nel repertorio funerario romano, animali dell’apoteosi imperiale, mostrano qui dettagli compositivi singolari, poco noti (la resa della testa taurina ), che ha indotto a pensare ad una “interpretazione tarda del motivo”, con un certo gusto popolare. La decorazione del coperchio ricca di soggetti vede alternarsi l’Aquila e il Serpente, simboli del trionfo terreno e di vittoria militare, Marte Ultore simbolo dell’armata romana e le Vittorie con Trofei chiamate a rappresentare le virtù militari del defunto.
Sul piano semantico quindi la figurazione che si staglia sulla fronte e sul coperchio segue una logica precisa, un filo rosso continuo che utilizzando temi ufficiali di trionfo è volto a celebrare, nel privato, l’apoteosi del defunto, funzionario dell’ordine equestre.
L’iscrizione (CIL VI, 1636) è testimone della realtà storica del monumento, fatto per Publio Vibio Mariano e per sua moglie Regina Massima. A dedicare l’epigrafe, che ripercorre il cursus honorum ossia la carriera militare condotta da Vibio Mariano nel corso della sua vita, fu la figlia Vibia Maria Massima.
Dal sarcofago e nello specifico dalla sua posizione rispetto all’odierna via Cassia si può ricavare anche un’altra informazione, che riguarda la viabilità e più in generale è un prezioso riferimento per la topografia antica. Infatti oggi passando davanti al monumento ciò che si vede è il suo quarto lato, quello liscio senza rilievi, ne iscrizioni, cioè quello che non era visibile in antichità. La fronte del sarcofago invece si affaccia in direzione opposta all’attuale strada in direzione dell’antico tracciato della via Cassia, poiché doveva essere visibile a chi passava di lì. Nell’antichità quest’area era chiamata mansio ad sextum, ossia il monumento si trovava al sesto miglio della via (ad sextum), dove era presente una delle stazioni di tappa (mansio) nelle quali chi viaggiava poteva fare rifornimento; queste stazioni erano dislocate lungo le vie.
Acquaforte di Tommaso Cuccioni del 1840. Da privato Veduta di Roma dalla via Cassia; acquaforte acquerellata di Johann Friedrich Wizani. Dresda inizi XIX secolo. Esposta alla mostra “Roma, la magnifica visione” fino al 19 Aprile a Palazzo Braschi. www.archeologiaviva.it Veduta della chiesa di S. Andrea, oggi detto “Vecchio,”da una incisione acquerellata di Achille Pinelli, 1835.Licia Capannolo
Leggi la terza ed ultima parte dell’articolo sulla Tomba di Nerone. Se desiderate rimanere informati sulle prossime pubblicazioni iscrivetevi alla newsletter di VignaClaraBlog.it cliccando qui.
© RIPRODUZIONE RISERVATA