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Emergenza Nomadi nel XX° Municipio, che fare?

Galvanica Bruni

Campo Nomadi(di Vincenzo Pira) Da qualche settimana è in corso una difficile mediazione tra comune, municipi, prefettura, comitati di quartiere per decidere dove organizzare i campi autorizzati dove trasferire i Rom che vivono ora in spazi illegali.

Il tema è delicato e complesso. Da oltre trent’anni si ripetono le stesse parole da parte delle diverse amministrazioni (dal governo nazionale ai municipi) senza riuscire a pianificare strategicamente una soluzione.

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Si è sempre drammatizzata la situazione, si è strumentalizzata anche nell’ultima campagna elettorale, esasperando animi e creando contrapposizioni che non permettono di affrontare il tema in modo razionale e responsabile.

Il Prefetto di Roma Pecoraro, Commissario Straordinario sull’emergenza Rom, ha chiarito che, nel quadro del nuovo Regolamento sui campi Nomadi, è prevista la costruzione di tre o quattro nuovi campi nel territorio del comune di Roma e che solo a lui spetta l’ultima parola sulla scelta delle aree dove collocare i nuovi insediamenti.
Istruzione che aveva iniziato la giunta precedente e il prefetto Serra, «Stiamo facendo l´esame delle aree dove dislocare i nomadi, ma abbiamo già individuato alcune possibilità: nei prossimi giorni vedrò il prefetto per passare alla fase operativa», annunciava il sindaco Veltroni all´indomani della firma del “patto per Roma sicura”.
Fase operativa mai iniziata.

Nonostante la promessa decisionista del sindaco Alemanno in campagna elettorale (ventimila espulsioni) e le dimissioni del prefetto Mosca considerato troppo prudente nell’affrontare il tema “campi Rom” e sostituito dal ritenuto “più adeguato” Giuseppe Pecoraro la soluzione operativa non è ancora stata presa.
In data 8 gennaio 2009, il prefetto Pecoraro ha convocato gli amministratori di vari municipi di Roma e di comuni della provincia per verificare l’ ipotesi di ospitare nei loro territori parte dei rom che affollano i campi romani.

“Con la riunione di oggi convocata dal prefetto di Roma è stata imboccata la direzione giusta. Siamo disponibili a collaborare e a fare la nostra parte», hanno detto in una nota congiunta i presidenti di alcuni Municipi (tra cui Alfredo Milioni del 19° e Gianni Giacomini del 20°).
La giunta municipale del XIX° Municipio approva una deliberazione per creare un nuovo Campo Rom attrezzato a Santa Maria di Galeria, a pochi metri dall’abitato di Osteria Nuova, sulla via Braccianese che trova la dura opposizione e contrarietà del presidente Giacomini che ha convocato per il 5 marzo il Consiglio municipale per discutere la questione.

“Siamo già sofferenti, già abbiamo due campi nomadi, non si può fare un campo nomadi dove non ci sono servizi. Li’ non ce li vogliamo. Sono pronto a scendere in piazza alla testa dei cittadini”. Abbiamo già molti problemi legati alla sicurezza – ha ricordato il presidente del XX Municipio – Problemi, che sto cercando in tutti i modi di risolvere. Devo ricordare l’uccisione della Reggiani? Ci siamo scordati della tratta delle bambine nel campo abusivo di via del Baiardo? Già nella parte nord abbiamo delle criticità, vogliamo averle anche al nord-est del municipio? Cominceremo ad essere circondati”.

“Ho già detto al presidente del XIX municipio, propositore della delibera che vuole spostare i rom da Santa Maria della Pietà – ha concluso Giacomini – che non potevano mettere dei campi nomadi al confine fra il nostro e loro municipio perché le ricadute le avremmo avute tutte noi. C’è il parco di Vejo dove ci si nasconde bene, il Tevere che e’ zona di degrado. Io non credo le autorità competenti poi sceglieranno di spostare il campo in questa zona. Sarebbe contraddire cioè che era stato stabilito, ovvero, di mettere i campi laddove ci sono i sufficienti servizi”.

Temo che ancora una volta i diversi veti e le diverse ragioni porteranno a mediazioni di basso profilo e si prenderanno decisioni “temporanee”, di emergenza, decise sulla testa delle persone coinvolte e senza il consenso e la soddisfazione delle diverse entità coinvolte.

Tutto viene strumentalizzato e non ci si fida di nessuno, neanche della Croce Rossa. Infatti il censimento fatto da questa entità ha concluso che nella Capitale vivono circa settemila rom, metà dei 2.500 bimbi non è mai stata vaccinata, la scolarizzazione è bassissima e le condizioni igieniche, nei 40 campi irregolari, sono scarsissime.

Numeri non ritenuti convincenti dall’amministrazione comunale che vuole fare un proprio censimento anche per identificare clandestini e irregolari da espellere dalla città.
Giorni fa il prefetto ha approvato un “Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella regione Lazio. L’obbiettivo è chiaro: disciplinare in modo univoco la gestione e le regole di condotta cui gli abitanti di questi campi devono attenersi se vogliono essere ammessi negli insediamenti autorizzati, che il Campidoglio gestirà insieme a un Comitato consultivo di cui fanno parte, oltre ai rappresentanti del Comune, Asl, vigili del fuoco, polizia, carabinieri e un delegato rom. Gli unici dove i nomadi potranno vivere, una volta che la nuova disciplina entrerà in vigore.

Requisiti. Per conquistare la “residenza” nel villaggio, che sarà valida per due anni, bisognerà ricevere l’autorizzazione del Dipartimento alle Politiche sociali, cui spetta il rilascio del permesso e l’assegnazione in uso delle piazzole di sosta per le roulotte, dei prefabbricati e dei servizi. Dopodiché, entro 30 giorni, si verrà iscritti nei registri anagrafici della popolazione residente del Comune di Roma. Chi ha subìto una condanna definitiva o un periodo di detenzione superiore a due anni, non si presenti nemmeno: verrà respinto. Quanto al resto, gli extracomunitari dovranno essere in possesso di un regolare permesso di soggiorno o titolo equipollente; gli italiani e i cittadini comunitari di un documento di identità valido. Chi non è in grado di esibire né l’uno né l’altro, dovrà dimostrare la permanenza in Italia da almeno dieci anni.
Tessera di identificazione. Per entrare nei campi sarà obbligatorio farsi identificare. Perciò a tutti gli abitanti, bambini compresi, verrà consegnata una tessera munita di fotografia e corredata dai dati anagrafici.

Doveri. Oltre ad aderire ai percorsi di formazione e integrazione elaborati dal Comune, i residenti nei campi dovranno seguire precise regole di condotta. Fra cui: divieto di ospitare persone non registrate o comunque non autorizzate; divieto di accendere fuochi fuori dalle aree appositamente attrezzate e comunque mai bruciare materiale inquinanti o pericolosi; divieto di accesso, parcheggio e transito di veicoli e motoveicoli; garantire l’uscita di parenti o visitatori occasionali entro le 22; pagare le bollette dell’acqua, della corrente e del gas, nonché il canone mensile per l’utilizzo della piazzola di sosta e per i rifiuti; usare solo elettrodomestici a norma.
Revoca dell’autorizzazione. Pesante la sanzione per chi sgarra: l’espulsione dal campo entro 48 ore dalla revoca. In caso di rifiuto, il sindaco può chiedere l’intervento della forza pubblica. Perderà il diritto a vivere nel villaggio chi viola i doveri e le regole di condotta sopra elencati; abbandona la struttura assegnata all’interno del villaggio per un periodo superiore a tre mesi, salvo non sia stato espressamente consentito; rifiuta più volte l’inserimento lavorativo; viene condannato, con sentenza definitiva, a oltre 2 anni di carcere per reati contro il patrimonio o la persona; tiene comportamenti che creano grave turbamento alla sicura e civile convivenza.

Comitato degli abitanti. Al fine di promuovere corrette relazioni tra chi gestisce il campo e i rom, viene indetta l’elezione di un Comitato di rappresentanza degli abitanti: cinque membri che restano in carica un anno ed eleggono al suo interno un presidente.
Presidio socio-educativo. Si occuperà di favorire i percorsi di integrazione e scolarizzazione, nonché l’assistenza socio-economica e culturale dei rom. Resterà aperto però solo in orario d’ufficio.

Le comunità Rom e Sinti sono contrarie a travasi e a nuove misure emergenziali o assistenziali.

Regole di buon senso che speriamo servano a mettere ordine e legalità nei campi. Che devono però essere superati; dopo 30 anni sarebbe tempo.
La maggioranza dei rom e i Sinti che vivono a Roma non sono nomadi, ma stanziali (sebbene vittime di continui sgomberi) e aspirano ad una soluzione abitativa stabile. Ciò è dimostrato dalle centinaia di famiglie che sono in lista d’attesa nelle graduatorie per l’assegnazione di case popolari. Per giunta 5000 di loro vivono a Roma da più di trenta anni.

Il Comune di Roma spende da alcuni anni circa 5 milioni di euro l’anno per la gestione di sette campi nomadi. Altri 8 milioni di Euro sono stati stanziati per i nuovi campi. La regione Lazio, la provincia di Roma, il governo nazionale e la Unione Europea stanziano e possono stanziare altre risorse. Perché non impegnare questi milioni di euro, già disponibili, per incrementare o avviare una politica della casa anche per Rom e Sinti nella Capitale, invece di utilizzarli per soluzioni che si sono manifestate fallimentari a tutti i livelli?

E anche per i semi nomadi e per gli apolidi occorre proporre misure che aiutino a superare l’assistenzialismo e impostare logiche di medio termine, che permettano di riconoscere i diritti di cittadinanza e i diritti economici, sociali e culturali di queste popolazioni.

Le culture non sono un’entità statica e data per sempre. Le culture si trasformano e si adeguano alle esigenze del tempo. La sfida è proprio quella di riuscire a creare le condizioni di libertà e di non urgenza in cui sia possibile realizzare ciò senza costrizioni umilianti.

Partire dai bambini e dai giovani. Attivare misure concrete e decisive per la promozione umana dei piccoli, spesso prime vittime degli sgomberi che ne interrompono il faticoso processo di integrazione scolastica.

Il rispetto della legalità deve essere una conquista comune che nasce dal dovere dei singoli ma anche dal diritto delle comunità a veder riconosciute le condizioni per poterlo fare . E in questo è fondamentale il ruolo dello stato democratico e delle sue istituzioni.

Spero che il dibattito in consiglio municipale tenga conto di queste riflessioni e che si arrivi a decisioni che contribuiscano a risolvere il problema e non a scaricarlo sempre ad altri.

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7 COMMENTI

  1. Cerchiamo di fare chiarezza.
    Attualmente non esiste un’emergenza nomadi nel XX Municipio.
    Non ci sono gli elementi per poter titolare questo articolo così.
    Dice Vincenzo Pira “Da oltre trent’anni si ripetono le stesse parole da parte delle diverse amministrazioni (dal governo nazionale ai municipi) senza riuscire a pianificare strategicamente una soluzione.”
    Questo è vero, ma non dimentichiamo che a livello locale, negli ultimi trent’anni hanno governato sempre alcuni, vale a dire gli stessi che, a livello nazionale, non hanno saputo produrre norme serie sul controllo dell’immigrazione.
    I municipi hanno scarsissima competenza su questa materia e il nostro, semmai, ha subito la politica punitiva di un Campidoglio sempre in “controfase” al XX.
    Discutere su “dove trasferire i Rom che vivono ora in spazi illegali” è comunque un grosso passo avanti, perché quanto meno, si supera il principio di “tolleranza” dell’illegalità. E non è poco!
    “Si è sempre drammatizzata la situazione, si è strumentalizzata anche nell’ultima campagna elettorale, esasperando animi e creando contrapposizioni che non permettono di affrontare il tema in modo razionale e responsabile.”
    Questo poteva essere detto fino a due mesi dopo la conclusione delle elezioni. Anche in Municipio, qualcuno parlava di problema della sicurezza come “problema arcobaleno” cioè che appare e scompare quando fa comodo, ma gli ultimi mesi sono lì, testimoni imperituri, che invece il problema a cascata, immigrazione-integrazione-sicurezza, esiste ed è concreto.
    Lo ammetto, non è per nulla risolto!
    Apprezzo gli sforzi enormi del Sindaco Alemanno di proseguire nella strada intrapresa, ma dobbiamo trovare soluzioni “nel lungo termine” che superino la fase emergenziale che ha visto i militari presidiare i punti sensibili del territorio, ridando fiducia al cittadino, che però ora chiede qualcosa di più.
    Io sono stato sempre contrario peraltro a rendere permanente questa presenza.
    La questione dei prefetti è fondata. Il precedente prefetto, non ci nascondiamo dietro ad un dito, non ha dimostrato di essere efficace.
    Abbiamo osservato la burla del censimento dei rom, che è stato fatto perché … doveva essere fatto, ma immaginiamo che credibilità poteva avere se era su base volontaria (mi ricorda qualcosa…)
    Il censimento è servito dunque soprattutto a chi lo effettuava e non a chi vi era sottoposto. Credo non serva un’interpretazione…
    “….annunciava il sindaco Veltroni all´indomani della firma del “patto per Roma sicura”.
    Fase operativa mai iniziata.”
    Ecco qui apprezzo l’onestà intellettuale di Pira. Su questi problemi, l’operatività della sinistra è stata sempre nulla!
    E’ stata nulla perché si credeva realmente che non vi fosse un’emergenza e perché toccare certe cattedrali dell’integrazione avrebbe significato mettere in discussione tutto il modello “veltroniano” della grande città multietnica, che poi si è sgretolato come un castello di sabbia dopo un’onda un po’ più forte.
    Io tremo nel pensare a cosa può succedere ogni giorno all’Esquilino…
    Su S.Maria di Galeria:
    Esiste solo una memoria di giunta del XIX Municipio che valuta la possibilità di recepire un insediamento in questione, ma senza indicare un punto preciso. Ci si limita ad indicare un’area delimitata da Via di Boccea, Via Braccianese e Via di S.Maria di Galeria: un territorio vastissimo.
    Si deve osservare che per ben tre volte il XIX Municipio si è espresso negativamente a questa scelta ed anche noi lo abbiamo fatto con un ordine del giorno del 30 gennaio 2009 e che vede primo firmatario Giuseppe Mocci (PDL).
    Giovedì, in seconda chiamata, dovremo votare su un ulteriore Ordine del Giorno di Daniele Torquati (PD) che va nella stessa direzione. (salvo fare una diversa diagnosi del problema, come è normale che sia…)

    Sui requisiti di accesso ai campi, non mi pare ci sia nulla di scandaloso. “Chi ha subìto una condanna definitiva o un periodo di detenzione superiore a due anni, non si presenti nemmeno: verrà respinto.”
    La cosa più grave è che forse gran parte dei minorenni sarebbero costretti a restare fuori. Tra qualche ora, io sono in Corte D’Appello Minorenni a difendere una ragazza slava al suo sesto precedente… (oltre a vari artt.97 – non punibilità infra14). E non è una cosa singolare…
    Di fatto, spesso, il minore in una comunità rom è una risorsa lavorativa non punibile e qui non c’è molto da integrare, tollerare e capire…
    “Perché non impegnare questi milioni di euro, già disponibili, per incrementare o avviare una politica della casa anche per Rom e Sinti nella Capitale, invece di utilizzarli per soluzioni che si sono manifestate fallimentari a tutti i livelli?”
    Ma perché c’è stata forse una politica della casa per i cittadini romani nei decenni precedenti? Forse sarebbe stato Andrea Alzetta, detto Tarzan, il delegato di Rutelli alle politiche dell’emergenza abitativa nella Capitale?
    A parte gli scherzi, prima ridiamo dignità e serietà all’housing sociale per tutti i più deboli e poi penseremo anche a chi, spiace dirlo così apertamente (ma lo faccio con coscienza…) non paga le tasse e ha una disponibilità economica “reale” cospicua.
    “E anche per i semi nomadi e per gli apolidi occorre proporre misure che aiutino a superare l’assistenzialismo e impostare logiche di medio termine, che permettano di riconoscere i diritti di cittadinanza e i diritti economici, sociali e culturali di queste popolazioni.”
    I diritti di cittadinanza non si danno ai popoli. Si danno ai singoli che aderiscono al complesso valoriale della società ospitante. I diritti economici, sociali e culturali non sono mai stati in discussione.
    Certo Dott. Pira, noi abbiamo sempre preso in considerazione le indicazioni di chi non la pensa come noi, perché sono una risorsa importante. Non è in discussione certo la sua competenza su queste materie, ma ci lasci, comunque, la possibilità di considerarci credibili con altre scelte, che speriamo tendano a chiudere la politica dell’ “emergenza”.

    G.Mori
    (Cons. XX Municipio)

  2. L’emergenza Rom a Roma la ha evidenziata il sindaco Alemanno in campagna elettorale e lo ha fatto anche il presidente Giacomini.

    Basta leggere quanto ha scritto nel suo programma per quanto riguarda la sicurezza nel Municipio Roma XX :
    “Stupri, rapine, furti e violenze non devono più essere all’ordine del giorno. Noi intendiamo anzitutto affrontare il gravissimo problema degli insediamenti abusivi dei nomadi che hanno determinato un incremento della microcriminalità, dell’insicurezza e del degrado.
    Il nostro Municipio è al secondo posto tra i Municipi di Roma in termini di incidenza della popolazione straniera (oltre 21.000 soltanto quella censita) e mai come ora, il nostro territorio, ha dovuto fronteggiare una tale quantità di immigrati clandestini,molti dei quali accampati lungo le rive del Tevere.
    Questa proliferazione di insediamenti ha creato un crescente disagio nei residenti del
    territorio con un livello di tensione sempre più alto. Noi proponiamo il potenziamento degli agenti di pubblica sicurezza che vigilino ininterrottamente nei nostri quartieri e l’aumento del numero dei vigili urbani, la cui vigilanza dovrà essere estesa anche ai plessi scolastici, senza tralasciare l’azione di integrazione sociale per le persone in regola con i diritti di legge, con il coinvolgimento delle associazioni di volontariato e delle strutture sanitarie.
    Vogliamo realizzare la creazione di un organo tecnico operativo denominato
    “Quadrilatero Roma XX”, coordinato dalla Presidenza del Municipio, in collaborazione
    con il Comandante locale dei Vigili Urbani, con le associazioni di volontariato della
    protezione civile e i cittadini del Municipio con lo scopo di esercitare una continua
    capillare azione di controllo e prevenzione sul territorio e per sviluppare nuovi progetti tra i quali l’istituzione di un numero verde della sicurezza e contro il degrado come punto unico di raccolta di denunce e segnalazioni dei cittadini. “

    Il sindaco Alemanno e il presidente Giacomini avevano promesso venti mila espulsioni.

    Quindi l’emergenza va bene per chiedere i voti e non va più bene quando occorre governare e amministrare assumendosene le responsabilità ?

    L’Italia è stata governata negli ultimi 15 anni da governi di destra per ben 12 anni. I governi Berlusconi non hanno nessuna responsabilità su quanto si è fatto in tema di emigrazione e di gestione della questione Rom e Sinti ?

    Non è poi vero che la giunta Veltroni non abbia fatto nulla. Meno di quanto c’era bisogno senz’altro.

    Ma la legge Bossi Fini, la militarizzazione del territorio, il non rispetto dei diritti umani (vedi Lampedusa), il non considerare adeguatamente la necessità di inclusione sociale e di qualificazione dell’immigrazione (oltre agli aspetti sanzionatori e repressivi) mi portano a non credere che le vostre proposte e pratiche politiche e amministrative siano adeguate a a chiudere la politica dell’“emergenza” ma a perpetuarla e ampliarla. La diffusione della paura porta a vincere le elezioni ma non a governare bene a a ridare fiducia e speranza ai cittadini.

  3. Io dico semplicemente che non c’è emergenza sul XX Municipio.
    Le opportune parole del nostro nuovo Sindaco, in campagna elettorale, erano su un’emergenza cittadina che vedeva coinvolto il nostro municipio come tutto il territorio romano.
    Questa è una precisazione di non poca importanza!
    Le parole di Giacomini sono indiscutibili, ma sono relative ad uno status quo di Aprile 2008.
    In quest’anno il Comune, in collaborazione col Municipio, ha operato una serie di bonifiche sul territorio che sono percepibili con molta chiarezza. Sottopassi, Flaminia, Cassia, Via Frassineto, Via Offanengo, Riserva di Livia ed altri.
    Dunque la situazione emergenziale sul XX Municipio è fortemente ridimensionata.
    Sul controllo nei pressi dei plessi scolastici, io concordo pienamente.
    Dobbiamo stroncare ogni germe di commercio di stupefacenti specie laddove il danno può essere devastante perché coinvolge i giovani.
    Sull’integrazione sociale che dovrebbe marciare parallelamente, voglio dirle che chi mi conosce sa bene che la vorrei anche io. Ma non dobbiamo nasconderci dietro ad un dito; nei decenni precedenti, questo è stato il feudo dove molte cooperative sociali e centri sociali hanno distratto molte di quelle sinergie che oggi mancano al territorio.
    La mediazione sociale e culturale (che io conosco bene, glielo assicuro… ne vedo gli effetti in Tribunale…) è stata gestita come una grossa mammella dove tutti succhiavano finanziamenti che poi non hanno restituito i servizi promessi.
    Con che faccia ci presentiamo al cittadino romano, quando gli abbiamo promesso un progetto di scolarizzazione per i bambini rom (modello sacrosanto per l’integrazione)? Quello stesso cittadino vedeva il bambino chiedere (anzi pretendere) l’elemosina durante le ore di scuola, oppure tentare di scassinare la nostra casa per toglierci quel poco che per molti di noi vale una vita. (la violenza sul domicilio che dovrebbe essere inviolabile ha spesso effetti devastanti su molti di noi).
    Gli autobus destinati alla scolarizzazione? Regolarmente vuoti o quasi…
    In contrappasso, quello stesso cittadino si vedeva superato nelle graduatorie degli asili da uno straniero che, formalmente nullatenente, gli prevaleva su un diritto davvero fondamentale!
    Con che faccia ci si poteva presentare per dirgli: “mancano i fondi per la scuola, per la sicurezza, per l’illuminazione…”
    Questo fatto ha ingenerato nel cittadino odio sociale tra poveri, altro che integrazione!
    Infine la Legge Bossi-Fini.
    Sacrosanta! E segue una discreta legge come la Turco-Napolitano.
    Tre principi.
    1. Principio di condizionalità: si favorisce il flusso in entrata con quel Paese che meglio protegge le sue frontiere. Dunque collaborazione con lo stato estero, favore per l’immigrazione controllata, sfavore per quella arcobaleno incontrollata. Ad es. tanti Bengalesi e Cingalesi, che pochi problemi creano sul territorio.
    2. Rapporto permesso di soggiorno-contratto di lavoro. Si viene in Italia SOLO se si ha un contratto di lavoro. Non per cercarlo qui intendiamoci… Come ha fatto la Germania con la Turchia. E gli USA con l’India. Oggi la Turchia è paese avanzato. L’India avanzatissimo.
    3. Effettività delle espulsioni. Le espulsioni debbono essere effettive e non solo formali. Questo perché si deve rendere credibile l’intero modello di flussi. Troppo spesso una magistratura militante si è arrogata diritti di incidere politicamente su scelte che non le appartengono.
    Il fatto che spesso manchino i fondi non giustifica che si debbano abbattere i CPT, semmai serve aumentarli e rafforzarli. Sarebbe come se in mancanza di personale per le Forze dell’Ordine, decidessimo di bruciare il Codice Penale perché non serve.
    La fiducia ce la si deve guadagnare lentamente. A piccoli passi. Con la presenza sul territorio. Un Sindaco che trascorre la notte sul Tevere non impedirà l’inondazione, ma darà fiducia ad un cittadino che è stufo di vedere feste e festine…
    Siamo in mezzo al guado, ma io credo che la strada sia quella giusta.

    G.Mori

  4. Io invece penso che le politiche sull’immigrazione promosse dalla Lega Nord e fatte proprie dal governo Berlusconi siano dannose e , quando va bene, inutilmente propagandistiche.

    Per questo auspico e lavoro per un cambio culturale e politico e in tal senso, nel mio piccolo, tento di dare il mio contributo.

  5. credo che si stia solo perdendo di vista il reale problema ; queste persone non devono proprio pretendere nulla… non sono cittadini italiani e si dà fin troppa importanza alle loro condicioni di vita..
    debbono semplicemte essere rispediti a casa loro così come sono venuti su un barcone…
    null’altro…

  6. Segnalo un articolo uscito sulla rivista LEFT da oggi in edicola:

    C’è voluto un anno. Alla fine, però, Gianni Alemanno sta cominciando a mantenere la promessa con cui aveva dato la scalata al Campidoglio: far sparire i nomadi dalla capitale.
    L’insediamento regolare di Torrevecchia (quadrante nord-ovest della capitale), sarà trasferito fuori dalla cinta del grande raccordo anulare.

    Oltre 150 nomadi khorakanè estirpati da un territorio e trapiantati in un’area già stremata dal cemento, dall’isolamento e, soprattutto, da servizi sociali sempre più inadeguati.
    Stiamo parlando di Santa Maria di Galeria e Osteria Nuova, quartieri-paese all’ombra delle gigantesche antenne di Radio Vaticana, che svettano nella vicina Cesano. Una fetta di campagna romana che, giorno dopo giorno, si sta trasformando in borgata. Con tutte le questioni sociali che questa metamorfosi comporta.

    L’autore della delibera che ha scatenato proteste popolari e una faida tra amministrazioni locali è Alfredo Milioni, presidente di centro-destra del municipio 19. Con Alemanno ha diversi punti in comune: anche lui ha preso il posto di un amministratore di centro-sinistra; anche lui ha vinto le elezioni di aprile 2008 facendo leva sulla diffidenza anti-rom. “Mi sono impegnato in campagna elettorale per rimuovere quel campo – ha già detto il minisindaco – e non ho alcuna intenzione di tornare indietro. L’area che abbiamo individuato è perfetta perché è poco abitata”. Proprio per questo motivo, la giunta ha anche scartato l’area di Ipogeo degli Ottavi, un’urbanizzazione appena fuori dal raccordo anulare: “Troppo a ridosso del centro abitato”. Con tanti saluti al suggerimento del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro.

    Contro lo spostamento del campo nomadi, che secondo Milioni non avverrà prima di due anni, è già partita una raccolta di firme e sono state organizzate assemblee pubbliche. Il comitato di cittadini è capeggiato dall’associazione culturale “Aste Taurine” e il suo presidente Stefano Ceccotti si fa in quattro per spiegarne le ragioni: “I nomadi hanno bisogno di integrazione, non di emarginazione. In questo quadrante di Roma c’è un’arretratezza di servizi spaventosa: molte case non hanno neanche l’allaccio alla rete fognaria; nelle nostre scuole piove sulla testa di bambini e maestri; siamo scollegati dalla città e, di conseguenza, la viabilità è al collasso”.

    Quello che sta accadendo a Osteria Nuova, Cesano e Santa Maria di Galeria è già accaduto in tante altre borgate della capitale. I residenti, in fuga dai prezzi di Roma, continuano ad aumentare. I servizi sociali, che dovrebbero crescere di pari passo, restano al palo. La politica locale è rimasta ancorata a venti anni fa, quando da queste parti vivevano quasi solo contadini, e i cartelli stradali con la barra rossa sul nome “Roma” avevano ancora un senso. A complicare le cose c’è il confine tra i municipi 20 e 19, che spezza in due parti un territorio i cui abitanti si percepiscono come un’unica grande comunità.

    A Torrevecchia, l’integrazione di quei 164 nomadi musulmani (sono i dati del recente censimento) ha fatto passi da gigante da venti anni a questa parte. Tutte insieme, alcune parrocchie, la Asl di zona, le scuole, le Arci e la comunità di Sant’Egidio hanno raggiunto risultati di cui andare fieri. Diversi bambini vanno a scuola e sono regolarmente vaccinati, il mercatino domenicale consente a molte famiglie di guadagnarsi da vivere onestamente. Dopo anni di lotte, nell’insediamento sono arrivate acqua e luce. Certo, i fenomeni di micro-criminalità non mancano. E il trasferimento del campo, che peggiorerà le condizioni di vita della comunità, ha il sapore di una punizione.

    Oltre ai cittadini, contro il provvedimento del presidente Milioni si sono mossi i sindaci delle vicine Bracciano e Anguillara, l’opposizione di centro-sinistra alla Provincia e al Campidoglio e il municipio confinante, il ventesimo. Insomma, una battaglia politica a tutti gli effetti.

    Il 3 marzo, il Campidoglio ha bocciato senza neanche discuterla una mozione contraria al trasferimento dei rom, presentata da due consiglieri del Pd. L’amministrazione Alemanno ha quindi dato un segnale molto chiaro: via libera alla proposta del delfino Alfredo Milioni.

    Una mozione molto simile è stata presentata, e approvata a pieni voti, anche dal municipio 20, che pure è governato da una maggioranza di centro-destra. Le due amministrazioni confinanti, insomma, sono ai ferri corti. “La proposta di Milioni arrecherebbe i disagi maggiori al nostro territorio – sostiene il presidente del consiglio municipale Simone Ariola – sembra una furbata: loro si prendono i fondi per sostenere l’onere del campo, ma i danni li subiamo noi”. Nel territorio del municipio 20, infatti, ricadono sia Cesano che Osteria Nuova, che da Santa Maria di Galeria dista pochissimi chilometri.

    Ma la scarsezza di servizi non è l’unico motivo per cui il comitato dei cittadini si sta mobilitando. A ridosso di via di Santa Maria di Galeria, infatti, c’è un patrimonio di enorme fascino: le rovine di una città morta abbandonata duecento anni fa. Costruita su una rocca, Galeria Antica era un importante crocevia per il traffico di merci verso la capitale. Oggi la natura si è reimpossessata di tutto. L’incuria ha fatto il resto.

    L’area, sotto tutela dell’ente regionale Roma Natura ma di proprietà di un’azienda agricola (la Pisorno), è sottoposta a vincolo archeologico e naturalistico. Eppure basta addentrarsi nel sentiero che conduce alle rovine per ritrovarsi in un mondo senza regole: c’è chi sversa rifiuti, chi va a caccia, chi organizza rave-party, chi disegna graffiti su mura con secoli di storia alle spalle.

    La città morta si trova dentro quei 35 chilometri quadrati in cui, secondo la delibera Milioni, si dovrà trasferire il campo nomadi. La paura dei cittadini è che la presenza di un insediamento da 164 persone non possa che peggiorare le condizioni della città abbandonata due volte: prima dai suoi abitanti, poi dalle istituzioni.

    Intanto, l’associazione culturale Aste Taurine continua la sua battaglia: dopo aver ospitato i presidenti dei due municipi 19 e 20 in un infuocato dibattito con i cittadini, il passo successivo sarà un consiglio municipale congiunto e, anche stavolta, davanti agli occhi di tutti. Poi il grande obiettivo: ospitare ad Osteria Nuova anche il sindaco Gianni Alemanno. Stefano Ceccotti sa già cosa gli dirà: “Non ci si può ricordare di noi solo quando c’è una patata bollente da scaricare”.

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