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Giovani lettrici, lettori appassionati del best-seller di Federico Moccia “Tre metri sopra il cielo” e del fortunato sequel “Ho voglia di te”, vi siete mai chiesti se il personaggio di Step, uno dei due protagonisti del libro, esiste davvero? Ci avete mai pensato mentre al cinema scorrevano le immagini del bel tenebroso Riccardo Scamarcio che nel film omonimo impersona Step?
Ebbene si, il vero Step esiste davvero e si chiama Stefano Pecci. Lo incontriamo nella Piazza di Ponte Milvio seduti al “Il Pellicano” la prima gelateria sorta fuori dalle mura di Roma nel 1934 e famosa a Roma Nord per il suo gelato ricoperto.
Fin dalle prime battute scambiate con Stefano ci accorgiamo che ci troviamo di fronte ad una persona fuori dal comune, originale, autentica, con una forte personalità che ha vissuto una vita piena di avventure.
Mentre la vita di Ponte Milvio ci scorre davanti agli occhi, la stessa di un pomeriggio d’autunno qualsiasi, Stefano ci parla di sé, del suo passato. Porta addosso cicatrici visibili e nell’anima la testimonianza di un’esistenza vissuta a 360 gradi. “Sono stato in prigione 7 mesi per aver reagito nei confronti di due poliziotti. Ho le dita delle mani rovinate per avere menato soprattutto i miei amici che volevano drogarsi. Quanti ne sono morti”.
Chiediamo a Stefano se ha mai letto il libro di Moccia o visto il film.
“No mai, ma Federico le storie che ha descritto le ha vissute da spettatore, anzi era uno spettatore delle nostre battaglie, noi abbiamo vissuto quelle storie che lui ha colorato di rosa e se ne è appropriato. Invece noi a Piazza Giochi Delfici, il nostro ritrovo storico, abbiamo combattuto una guerra, difendendo un territorio che consideravamo come di nostra proprietà. Lui non faceva parte del nostro giro di amicizie, ha scritto di noi dimenticandosi di ringraziare quei ragazzi che oggi non ci sono più, che si sono persi per strada. C’era rivalità con la comitiva di ragazzi che stazionava a Piazza Euclide. Ancora frequento i miei amici di allora, quelli che sono rimasti perché molti di loro sono morti.”
Ci mostra i suoi molteplici tatuaggi sulle braccia, di cui uno in ricordo di un caro amico scomparso. Mentre parliamo, alcuni passanti si fermano a salutarlo, anche una giovane mamma insieme ai suoi due bambini. Ecco che si siede a fare due chiacchiere insieme a noi un amico di gioventù di Stefano, Gillo. “Stefano io lo conosco bene. E’ una persona autentica, che non finge, il suo modo di vivere è spontaneo e coerente. Non ha più personalità Step di quanta ne abbia Riccardo Scamarcio?”
Mentre l’amico parla, Step annuisce, fumando una sigaretta e bevendo una birra. “Gillo rappresenta la mia anima, la parte buona di me. Ha la straordinaria capacità di tradurre in parole i miei pensieri, ci frequentiamo da trent’anni. Ora ho appena fatto una piccola parte nel serial Romanzo Criminale che andrà in onda su Sky. Interpreto Franco Califano.” Lo dice imitando alla perfezione la voce del Califfo.
Gillo ci saluta proprio mentre arriva Peter, il proprietario del Bar-Gelateria. “Credo che Step potrebbe scrivere un libro autobiografico, verrebbe sicuramente più completo di quello di Moccia”. Stefano è il classico bello e maledetto alla Caravaggio – aggiungiamo noi -. Rievocano insieme le vacanze trascorse all’Argentario a Porto Santo Stefano.
Stefano si guarda intorno e commenta “Il quartiere è molto cambiato dai tempi della mia giovinezza, sono stati aperti molti locali e la sera c’è molta vita qui intorno. E’ una Roma spensierata quella che abita a Roma Nord, che ha voglia di divertirsi. Ora i protagonisti sono i figli che io non ho avuto.” Mentre parla, sorseggiando una tazzina di caffè, gli viene incontro la nipotina Giulia, figlia della sorella.
“Ma in fondo io non ce l’ho con Federico perché lui scrivendo il libro mi ha reso immortale. Qualche lettore tra una cinquantina d’anni sfoglierà le pagine e si ricorderà di me”.
Chiediamo a Stefano cosa gli ha lasciato l’esperienza di tre anni vissuta negli Stati Uniti. “Tutto. Sono partito con il mio amico Palombini, citato nel libro di Moccia, un’esperienza che mi è servita moltissimo, che mi ha arricchito. La mattina mi svegliavo e decidevo al momento dove andare, una vita on the road. Del resto la vita è cinema. Anche l’amore è stato importante anzi fondamentale nella mia vita, anche se lo considero una forma di egoismo.”
E ci regala una perla dello Step – pensiero “L’amore è un sorriso e una carezza e l’amicizia è una stretta di mano”. Ogni tanto Stefano accarezza con lo sguardo la sua inseparabile compagna di vita: una moto Harley Davidson che ha visto molte battaglie. “Di tutto quello che ho fatto non rimpiango nulla”. E lo dice con convinzione.
E l’ultima frase che Step ci regala prima di salutarci, con un largo sorriso e molta galanteria, riassume tutto il suo credo “in trincea siamo nati, in trincea dobbiamo morire”.
Alessandra Stoppini
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