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Ponte Milvio, un ponte di nessuno

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Nella totale indifferenza delle istituzioni Ponte Milvio è oggi solo un enorme e triste graffito.

scritte-su-ponte-milvio4.jpgC’è chi chiede scusa per un tradimento, chi si limita a circoscrivere in un cuore la data del fidanzamento, chi compone mini poesie d’amore ma i più usano un linguaggio conciso “6 mia x sempre” oppure “ti amo 4ever” e via così nello scarno linguaggio da “3 metri sopra il cielo” il cui dizionario più di tre pagine non ha. Qualcuno li chiama nuovi graffiti metropolitani, altri dicono che sia un vero e proprio fenomeno di massa di una generazione cresciuta con il linguaggio degli sms. Resta il fatto che l’incontrollabile e irrefrenabile necessità dei giovani di lasciare un segno sulle spallette di Ponte Milvio ha preso il posto dei lucchetti tant’è che gli ambulanti abusivi che stazionano sul ponte si sono subito adeguati vendendo pennarelli ad un euro l’uno, doverosamente neri e di punta grossa in modo che la scritta sia ben visibile.

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E scritta dopo scritta, cuore dopo cuore i parapetti di Ponte Milvio sono oscenamente imbrattati e scalfiti e non trovando più spazio libero i moderni cantori dell’amore graffiato hanno cominciato a lasciare le loro dichiarazioni sulle pareti della volta della Torretta Valadier nonché, approfittando del portoncino aperto in occasione delle mostre, anche sulle pareti interne della rampa delle scale che conduce alle sale espositive.

scritte-su-ponte-milvio3.jpgMeno di un anno fa l’Ufficio Decoro Urbano del Comune di Roma spese oltre 50.000 euro per bonificare i muri di Ponte Milvio rimuovendo scritte, graffiti, segni e scalfitture: denaro gettato al vento in quanto dopo pochi mesi la situazione tornò ad essere quella che era senza che una sola multa sia stata elevata e senza che una sola denuncia per danni alla cosa pubblica sia stata inoltrata. Molto meno di un anno fa, esattamente a Settembre 2007, sulla scia della grande attenzione suscitata dalla nostra campagna “in20amoci un XX migliore” il Consiglio del XX Municipio, su proposta dell’ex consigliere Ludovico Todini, approvò alla unanimità un’importante mozione con la quale si chiedeva alla Giunta del Campidoglio ed agli uffici capitolini di voler finanziare l’installazione di un impianto di video sorveglianza su Ponte Milvio per scoraggiare gli atti di vandalismo (ma anche di delinquenza e di microcriminalità). Parole, come il denaro di cui sopra, gettate al vento, perché dopo sei mesi il ponte è ancora deturpato ed offeso all’inverosimile e della video sorveglianza non s’è mai saputo nulla.

Da tutti usato e da nessuno rispettato, scritta dopo scritta, segno dopo segno come rughe e cicatrici di un lifting mal riuscito su un immenso volto umano, Ponte Milvio, abbandonato dalle istituzioni, è oggi un ponte di nessuno.

NdR: mentre stavamo pubblicando questo articolo un lancio di alcune agenzie stampa di pochi minuti fa ci informa che nel pomeriggio di oggi il Campidoglio ha annunciato che domani, 26 marzo, alle ore 9 l’ufficio Decoro Urbano sarà a Ponte Milvio con 2 squadre che, dotate di idropulitrici e macchine attrezzate, lavoreranno accuratamente per cancellare le scritte. Che sia telepatia o che sia coincidenza poco ci importa. Ci interessa che il Ponte venga riqualificato ma ci interessa di più che tale rimanga, perché il detto di vecchia memoria “passata la festa gabbato lo santo” è sempre attuale.

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22 COMMENTI

  1. Ben detto. Perchè se non si prendono serie misure preventive fra una decina di giorni le scritte rispunteranno come funghi. Lancio un’idea e la scrivo qui, forse dovrei metterla nella pagina dei suggerimenti per fare un xx migliore, ma non importa.
    In attesa dell’impianto di video sorveglianza che se e chissà quando arriverà, il municipio potrebbe fare un accordo con un centro anziani (ce n’è uno molto vicino in via della Farnesina) ed impegnare queste persone, come fanno in tante capitali europee, nella sorveglianza del ponte durante il giorno. Certo sarebbe poca cosa perchè non eviterebbe i danni notturni ma una presenza giornaliera scoraggerebbe intanto tutti i maniaci che alla luce del giorno si divertono ad imbrattare questo monumento. Sarebbe un bel modo di impegnare gli anziani dandogli un motivo per farli sentire utili ed attivi ed in cambio il municipio gli potrebbe dare un piccolo rimborso spese da usare per migliorare il loro centro. Se ogni intervento di ripulitura costa 50000 euro ogni anno non sarebbe meglio darli a loro per un lavoro di prevenzione anzichè alla ditta che leva le scritte ?
    Che ne pensate ? ciao
    Martina

  2. Gentile Redazione e Gentile Sig.ra Mastrangeli,

    con estremo dispiacere riscontro ancora una volta che sempre più occorrono misure di controllo e repressione su e di comportamenti, non solo in contravvenzione con le vigenti norme, ma che potrebbero non essere posti in essere se non con un banale autocontrollo.

    Anche la mia proposta di un impianto di videosorveglianza è stato l’estremo tentativo di salvaguardare un bene importante per la collettività, quale il ponte.

    E’ assurdo continuare ad ipotizzare soluzioni per atti vandalici che non dipendono da nessuno se non da chi li pone in essere. Per non avere le scritte, basta non farle. Semplice, no?

    Sono fermamente convinto che questi fenomeni rispondano ad una evidente ineducazione di una fetta sempre più larga di consociati. Tantomeno è ipotizzabile una società in cui si prescinde dagli aspetti etici, prevedendo un regime sanzionatorio stravagante o duro solo sulla carta.

    In sintesi, la proposta di utilizzare i signori del centro anziani sarebbe utile più per individuare un impiego sociale per le persone anziane, senza però un riscontro effettivo nella dissuasione da comportamenti nefasti. Verrebbero insultati come è successo all’uscita dalle scuole.

    Più utile sarebbe la possibilità di introdurre i lavori forzati. Cioè, chi imbratta sarà condannato alla pena della rimozione delle scritte a proprie spese più un’altra attività utile alla società. Non servono milioni di anni di galera che non si scontano, non servono milioni di euro da pagare che non si pagano. Limitiamo la possibilità dei ricorsi, delle eccezioni e di atteggiamenti dilatori, così la pena viene scontata immediatamente.

    Forse Mao ha ancora una sua attualità: “colpirne uno per educarne 100” o Trilussa che ne “La Libbertà” diceva che era uscita troppo presto.

    Cordialmente
    Ludovico Todini

  3. Lo stato delle cose, potrebbe essere imputabile alla miopia di tutte le istituzioni, dal municipio al ministero.E lo è. Ma anche all’ignoranza delle persone e delle suddette istituzioni. Ignoranza lesiva e concreta.
    Quindi, mettete anche le telecamere e quanto altro, ma individuato il colpevole, al massimo gli offrirete un lecca lecca. Poi uno si gira e vede anche un bel campo nomadi. E dice tra se e se, non levano i lucchetti, figuriamoci i rom!

    Cordialmente, Leonida

  4. Non pensavo di imbattermi in due talebani su queste pagine ! Sto scherzando ma Todini e Leonida senza offesa, siete proprio degli integralisti.
    Lei Leonida vede rom ovunque, sarà pure così, ma l’argomento qui era diverso, lei è andato fuori tema.
    A lei Todini vorrei chiedere perchè non proporre anche il taglio delle mani ? Sto drammatizzando per il semplice motivo che, purtroppo, non essendo in America dove i giudici stabiliscono le pene secondo il loro arbitirio, i nostri giudici possono comminare solo le pene previste nel nostro codice civile e penale nei quali “ripulire lo sporco causato” non è previsto; quindi la sua è utopia, mi scusi. Meno utopia trovo invece nella proposta di Martina che mi sembra veramente di buon senso. Perchè non esplorarla meglio ? perchè dire subito che gli anziani verrebbero derisi ed offesi ? Perchè non tentare ? Mi scusi Todini, lei è stato, cosi’ mi sembra, sempre aperto alle idee nuove ma in questo caso la sua chiusura immediata mi ha lasciata molto perplessa.
    Buona giornata da Clara

  5. Lei non sa , carissima Sig.ra Clara , quanto vedrei bene il taglio delle mani.

    O magari solo quelle delle dita , il cui numero di taglio , potrebbe variare a seconda della lunghezza della scritta fatta o dal valore della cosa che si è deturpata.
    Sarebbe un deterrente fantastico !
    Ma non si può.
    Pare.

    Però visto che per certuni si parla anche di castrazione chimica , perchè non usare per loro, un deterrente chimico, facendogli lavare le mani con un sapone al “bostik” ?
    Magari starebbero buoni per forza per qualche giorno.
    Questi deviati eredi di “mocciana” cultura.

    A parte questo.

    Esistono le pene alternative al carcere come i servizi di pubblica e sociale utilità e tra questi sicuramente rientrerebbe la mansione di ripulire ciò che si è danneggiato.
    Non serve andare negli states, la giurisprudenza è nata qui , basta applicarla.
    Basterebbe un minimo di determinazione da parte dei giudici per avere una giustizia più vicina a quello che chiedono ed aspettano i cittadini.
    Questi signori invece si preoccupano più di non infastidire ed urtare determinati ambienti da sempre accondiscendenti ( se non acquiescenti e corresponsabili ) con queste “finte” libertà di giovanile espressione.
    Disertori della vanga tutti, giudici, writers e chi li sostiene.

    Ma scusi Sig.ra Clara , ma lei ce lo vede un 70enne che va a redarguire una decina di piccoli e medi bulletti di età oscillante tra i 14 ed i 18 anni ?
    Perchè di bulletti si tratta.
    Non rispetterebbero me che di anni ne ho ben trenta in meno ( no, sbagliato solo venti ) , che pensa che possano dirgli e magari fargli ?
    Sarebbe come mandare un vecchietto al massacro.
    Non dico che accadrebbe come arancia meccanica , ma perchè correre il rischio quando esistono telecamere e forze dell’ordine ?
    E dovrebbero esistere pure genitori un filo più attenti alle imbecillità dei figli ?
    E perchè non allontanare intanto gli abusivi che vendono lucchetti ed adesso pure pennarelli indelebili ?
    Oltre ad essere abusivi sono pure un ulteriore incentivo agli imbecilli che hanno scambiato uno storico ponte come una lavagna a loro disposizione.

    Ma tanto ho l’impressione che ci parliamo solo addosso.
    Gli strumenti per reagire ( eh si reagire ! perchè questa ed altre sono aggressioni al vivere civile ) ci sono ma i writers, gli abusivi venditori , gli abusivi parcheggiatori, gli abusivi baraccati, gli abusivi pattinatori al foro sono sempre lì.
    E noi qui a disquisire.
    Ma pensi .. un bel taglio di mani di islamica cultura e non ci prova più nessuno.
    Problema finito e risolto.

  6. Ricordo che, qualche anno or sono, Maurizio Costanzo (e chi se no?) dedicò un’intera puntata del suo show ai writers descrivendoli come i veri artisti dei nostri giorni, gente la cui arte non puo’ e non deve giammai essere tarpata. Il va sans dir che uno come lui questi “artisti” non li vorrebbe certo sotto casa propria, ma finchè fanno danni a casa degli altri, è da “fascisti” (un accusa che non si nega a nessuno, che diamine!) volerli punire. Mi ricorda il primo Ciccio Rutelli sindaco, il progressista che faceva sgombrare i campi nomadi dalle vicinanze di casa sua, senza nulla fare, ovviamente, per chi poi se li doveva sorbire al posto suo!
    Alla mia età le arterie incominciano ad indurirsi ma non capisco perchè invocare l’applicazione della legge sia da Talebani, perchè chiedere il rispetto della cosa comune sia da integralisti, perchè, insomma, usare il buon senso è così un controsenso? Si incomincino, dunque, ad allontanare i rivenditori di pennarelli (anche se dopo un giorno saranno ancora lì) e si multino, effettivamente e realmente i nuovi barbari che vengano sorpresi ad imbrattare il ponte più antico di Roma. L’ipotesi suggerita da Clara è suggestiva ed anche poetica, ma aihme, inattuabile. Il primo vecchietto che ci provasse a fermare uno di questi delinquenti (perchè tali sono) si vedrebbe, se gli va bene, imbrattato sulla faccia peggio del muretto del ponte!

  7. sono stata fraintesa o, meglio, non mi sono spiegata bene. Cari amici, non volevo offendere nessuno con le parole talibani e integralisti e se l’ho fatto scusatemi.
    Volevo solo dire scherzosamente che non sempre tutti i problemi vanno presi con l’accetta (non quella per le mani caro Aragon, è solo una metafora !) ma si puo’ tentare di prevenirli anche mezzi nuovi. Ecco io penso alla prevenzione, voi alla punizione. Sono due punti di vista diversi che però vogliono giungere allo stesso risultato. E’ scontato che anch’io chiedo l’applicazione della legge ed il rispetto della cosa pubblica ma legge significa anche disicplinare con buon senso il vivere comune. Due anni fa sono stata a Parigi ed ho visto quelli che chiamano i guardians de la paix (l’avro’ scritto bene ?), guardiani della pace o meglio guardiani pacifici: sono anziani ancora nel vigore degli anni, con un distintivo, una giacca tipo divisa che passeggiano nei parchi e li sorvegliano e dovevate vedere come sono rispettati avendo anche la facoltà di elevare delle multe. Io credo che sopravvalutiate troppo qei ragazzotti dementi che scrivono su Ponte Milvio dipingendoli come pronti ad aggredire chiunque. Ma li avete visti mai ? Mi riferisco a quelli ci stazionano di giorno (di notte è un’altra storia), sono quattordicenni, quindicenni imberbi che giocano a fare i grandi a volte basta guardarli dritti negli occhi per intimorirli. E poi Ponte Milvio è lungo si e no 50 metri, sul piazzale stazionano sempre i vigili, che mai potrebbe accadere di così grave ? Pensate invece anche al bene che farebbe alle persone anziane ma ancora vogliose di vivere rendersi utili per la città. Non credo che l’idea di Martina che io condivido in pieno sia solo suggestiva e poetica, questo è il solito modo, scusate, un po’ maschilista di liquidare le idee al femminile !
    Però mi siete simpatici lo stesso…. ciao ciao
    Clara

  8. Alzi la mano chi non vede rom ovunque. E alzi di nuovo la mano chi pensa che i venditori abusivi sul ponte siano italiani. Signora clara, le mie affermazioni sono giustificate dallo stato delle cose, e dall’esasperazione del cittadino italiano, romano.
    Quindi, premettendo che storicamente il buonismo è un fallimento, occorre adeguare la nostra idea di “punizione” alla situazione attuale. Magari lasciando stare i poveri anziani, che forse, hanno vissuto in una società più civile di questa.
    In ogni caso, il quadro di aragorn è veritiero e verificabile. Un unico nemico, dal vigile negligente, al giudice permissivo, fino al vandalo. Uniti nel ledere la dignità del cittadino.

    Leonida, cordialmente.

  9. Gentile Signora Clara, mio figlio più piccolo, l’anno scorso (quando aveva 15 anni) fu aggredito da un gruppo di coetanei, a Corso Francia ed in pieno giorno, che minacciarono di sfasciargli la (già malridotta) macchinetta, se non avesse pagato dieci o venti Euro, non ricordo la cifra esatta. Per fortuna lui è un tipo sveglio e se la cavò. Ma scrivo questo per informarla che questi “quattordicenni, quindicenni imberbi che giocano a fare i grandi” sono spesso, direi quasi sempre nella fattispecie, dei veri e propri delinquenti in nuce, anzi in atto, e che per tale motivo non trovo adatta la soluzione dei “guardiani della pace”!
    Cordialmente
    Roberto Colica

  10. Ancora una volta mi sento di dover dire la mia su un tema che mi riguarda abbastanza da vicino, visto che vivo a ponte Milvio,amo questa piazza e sono colei che propose l’istallazione di telecamere sulla torretta…
    Ho 23 anni, e a 15 ho letto 3metri sopra il cielo, quando ancora non era un cult e bisognava andare da velitti a chiedere le ultime copie… da adolescente ho sognato il primo amore leggendo il libro, ma da adolescente non mi sono sognata di andare col fidanzatino a scriverlo sui muri.. e sapete perchè?? perchè a 13 anni ho imbrattato i muri del bagno della mia scuola media con le mie amiche e la prof di italiano (grandissima professoressa Vetro) ci ha costretto a passare un pomeriggio a ritinteggiare muri e porte.. vi assicuro che è un metodo efficace, perchè responsabilizza i ragazzi e li porta ad avere piu amore e rispetto per qualche cosa che loro stessi hanno curato..
    Mi rendo conto che qui si parla di un monumento storico e non di un bagno della scuola,ma dare una punizione esemplare non sarebbe sbagliato…
    Sarebbe anche importante secondo me trovare un modo di prevenire i danni..e allora trovo carina l’idea degli anziani al servizio della sicurezza, ma forse sfugge un passaggio importante: le scritte vengono fatte soprattutto nella notte…come controlliamo il vandalismo notturno dei “mocciosi” (come li chiamo io..)??
    Ho pensato allora di fare una breve ricerca,e ho avuto conferma del fatto che esistono prodotti non filmanti specifici per i monumenti che hanno funzione antiscritta.
    A questo punto mi sono convinta che la soluzione potrebbe essere prevenire sia invitando le scuole del quartiere a pulire il ponte sia utilizzando questa vernice apposita.
    Ricordando la teoria delle finestre rotte (dei criminologi James Q. Wilson e George Kelling) messa in atto con successo a New York negli anni ’80, invito tutti a riflettere sull’importanza sociale che assume l’ordine nella citta.
    Non trascuriamo questi piccoli problemi…perchè come disse anni fa l’allora sovrintendente della metropolitana newyorkese, David Gunn, “i graffiti simboleggiavano il collasso del sistema”.

  11. Costo indicativo applicazione pittura antiscritte :
    Applicazione di pittura antiscritte per trattamenti preventivi antiscritta ed antiaffissioni, fornito ed applicato,idoneo per qualsiasi supporto: pietra naturale, laterizio, calcestruzzo, intonaco, senza alterazione dell’aspetto, con garanzia di validita’ nel tempo. E’ compreso quanto occorre per dare il lavoro finito :
    circa lire/euro (27mila£ / 13,00€) m²

    Non credo sia una grossa cifra per la XX e comunque varrebbe la pena e la spesa.
    E’ chiaro poi che qualche “ramazzata” con lo sfollagente costa ancor meno ed è di ancor più soddisfacente applicazione.

    Gli anziani lasciamoli magari a governare i passaggi pedonali o similari senza esporli.

  12. E’ vero Letizia che la mente di Gunn partorì quel concetto.
    Ma “l’ostetrico” che mise al mondo operativamente l’operazione fu Bratton.
    Bratton , personaggio che a noi manca.
    Questione di palle.
    Tolleranza ZERO.
    Ce lo vede lei un walter o un francesco ( ma anche gli altri in fondo in fondo ) che lo nominano a capo del dipartimento di polizia come fece Giuliani ?

    Questa è la storia per chi ha voglia di leggerla :

    Cosa è la Tolleranza Zero? Nient’altro che l’applicazione della teoria epidemica della criminalità detta fixing broken windows, datata 1967. Tale teoria afferma che la criminalità è un fenomeno contagioso, come è contagiosa una tendenza della moda, che può iniziare con una finestra rotta e diffondersi a un’intera comunità. L’impulso ad assumere un determinato comportamento non parte da un particolare tipo di persona, ma da una caratteristica dell’ambiente circostante. La teoria delle finestre rotte è il frutto dell’ingegno dei criminologi James Q. Wilson e George Kelling. I due sostenevano che la criminalità è l’inevitabile risultato del disordine. Se una finestra è rotta e non viene riparata, chi vi passa davanti concluderà che nessuno se ne preoccupa e che nessuno ha la responsabilità di provvedere. Ben presto ne verranno rotte molte altre e la sensazione di anarchia si diffonderà da quell’edificio alla via su cui si affaccia, dando il segnale che tutto è possibile.
    In una città, problemi di minore importanza, come i graffiti, il disordine pubblico e la mendicità aggressiva, a quanto scrivono i due studiosi, sono l’equivalente delle finestre rotte, ossia inviti a crimini più gravi: “Rapinatori e ladri, sia occasionali sia di professione, sanno che le possibilità di essere catturati, o persino identificati, si riducono se agiscono in strade in cui le vittime potenziali sono già intimidite dalle condizioni dominanti. A metà degli anni Ottanta, l’azienda dei trasporti di New York chiese l’intervento di Kelling in qualità di consulente; egli invitò l’azienda a mettere in pratica la teoria delle finestre rotte ed essa acconsentì, affidando la nuova direzione del servizio di metropolitana a David Gunn, incaricato di sovrintendere alla ricostruzione della rete con un investimento di miliardi di dollari. Molti sostenitori del progetto, al tempo, dissero a Gunn di non preoccuparsi dei graffiti e di concentrarsi piuttosto su questioni criminali più gravi, oltre che sull’affidabilità della rete: un consiglio che sembrava ragionevole. Preoccuparsi dei graffiti in un momento in cui l’intero sistema era prossimo al collasso poteva sembrare inutile come spazzare i ponti del Titanic mentre puntava dritto verso l’iceberg. Ma Gunn insistette. “I graffiti simboleggiavano il collasso del sistema” afferma. “Se ti fermavi a osservare il processo di ricostruzione dell’organizzazione e della morale, ti accorgevi che bisognava vincere la battaglia contro i graffiti. Senza quella vittoria, tutte le riforme ai vertici del sistema e i cambiamenti concreti non si sarebbero verificati. Stavamo per mandare in giro nuovi treni il cui valore si aggirava sui dieci milioni di dollari l’uno e se non avessimo fatto qualcosa per salvaguardarli, sapevamo esattamente ciò che sarebbe accaduto: sarebbero durati un giorno, dopodiché sarebbero caduti vittima del vandalismo”. Gunn disegnò una nuova struttura dirigenziale e fissò una serie precisa di obiettivi e una tempistica allo scopo di ripulire tutta la metropolitana, treno per treno. Iniziò con la linea n.7, che collega il Queens al centro di Manhattan, e si buttò a sperimentare le nuove tecniche di ripulitura della vernice. Gunn impose la regola ferrea che non ci sarebbe stato alcun passo indietro e che non si sarebbe mai più permesso che una vettura, una volta “recuperata”, subisse nuovamente atti vandalici. “Fummo intransigenti a quel proposito” dice Gunn. Al capolinea della linea n. 1, nel Bronx, dove i treni si fermano prima di riprendere la corsa in senso inverso e ritornare a Manhattan, Gunn installò una stazione di ripulitura. Se una vettura tornava con nuovi graffiti, questi dovevano essere rimossi durante il turno di sosta, oppure il convoglio veniva escluso dal servizio. Le vetture “sporche”, che non erano ancora state ripulite dai graffiti, non dovevano mai viaggiare insieme a quelle “pulite”. L’idea era quella di lanciare un messaggio che risultasse privo di qualunque ambiguità anche agli occhi degli stessi vandali. L’operazione di ripulitura di Gunn durò dal 1984 al 1990. A quel punto, l’autorità dei trasporti chiamò William Bratton a dirigere la polizia della metropolitana ed ebbe inizio la seconda fase del recupero. Il suo primo atto in qualità di capo della polizia della metropolitana, a prima vista, era tanto donchisottesco quanto quello di Gunn. Mentre gli atti di criminalità grave sulla metropolitana restavano a un livello elevato, Bratton decise di dare un giro di vite alla questione dei biglietti non pagati. La ragione, credeva che, come i graffiti, il non pagare i biglietti fosse un segnale, una lieve espressione di disordine che invitava a commettere crimini ben più gravi. Si stimava che 170.000 persone al giorno entrassero nella rete della metropolitana, in un modo o nell’altro, senza pagare. Alcuni erano ragazzini che saltavano semplicemente i cancelli automatici; altri li forzavano e, una volta che due o tre persone iniziavano a imbrogliare l’azienda, altre, che diversamente non avrebbero mai considerato l’ipotesi di eludere la legge, si univano a loro, argomentando che, se c’erano individui che non pagavano, nemmeno loro erano tenuti a farlo, e così si arrivava all’effetto valanga. Il problema era reso più grave dal fatto che si trattava di un fenomeno difficile da combattere. Dal momento che si trattava solo di un dollaro e venticinque, la polizia della metropolitana riteneva che non valesse la pena perdere tempo a cercare di fermare chi non pagava, soprattutto considerata la quantità enorme di reati molto più seri che si registrava quotidianamente lungo i binari e sui treni. Bratton è un uomo pittoresco e carismatico, un leader per nascita, e la sua presenza si fece sentire molto in fretta. Sua moglie era rimasta a Boston, così era libero di fermarsi al lavoro fino a tardi e di sera gironzolava per la città in metropolitana, in modo da vedere con i propri occhi quali fossero i problemi e quale il modo migliore per combatterli. Per prima cosa scelse le stazioni dove il fenomeno dei passeggeri abusivi era il problema maggiore e piazzò fino a dieci poliziotti in borghese ai cancelli d’entrata. La squadra arrestava le persone che non pagavano una alla volta, le ammanettava e le lasciava lì in piedi, ammucchiate sul binario, fino a che non aveva “riempito la rete”. L’idea era quella di segnalare, quanto più pubblicamente possibile, che la polizia della metropolitana adesso aveva davvero intenzione di usare le maniere forti con quelli che non pagavano il biglietto. Bratton recuperò un autobus e lo trasformò in una stazione mobile di polizia, dotata di fax, telefoni e l’attrezzatura necessaria per rilevare le impronte digitali. In breve, il tempo richiesto per assolvere le formalità dell’arresto venne ridotto a un’ora. Bratton, inoltre, insistette perché venissero effettuati controlli sulle persone arrestate e si scoprì che almeno per un arrestato su sette era stato emesso un mandato di cattura per un reato precedente e che uno su venti aveva con sé un’arma di vario genere. All’improvviso non fu difficile convincere gli agenti che la battaglia contro i viaggiatori abusivi avesse senso. “Per i poliziotti fu una festa” scrive Bratton. “Ogni arresto era come aprire un pacchetto di patatine. Che sorpresa ci troverò? Una pistola? Un coltello? Un mandato di cattura? Un omicida? (…) Dopo qualche tempo, i cattivi misero giudizio, iniziarono a lasciare a case le armi e a pagare il biglietto”. Durante i primi mesi in carica di Bratton, il numero delle espulsioni dalle stazioni della metropolitana (per ubriachezza o per schiamazzi in luogo pubblico) triplicò. Tra il 1990 e il 1994 gli arresti per quel genere di violazioni meno gravi che per lungo tempo erano passate inosservate quintuplicarono. Bratton trasformò la polizia della metropolitana in un’organizzazione focalizzata sulle infrazioni minori, sui dettagli della vita sotterranea. In seguito all’elezione di Rudolph Giuliani a sindaco di New York, nel 1994, Bratton venne nominato capo del Dipartimento di Polizia ed estese l’applicazione delle stesse strategie all’intera città. Diede ordine ai suoi agenti di usare la mano pesante con i reati minori: con i lavavetri che agli incroci si avvicinavano agli automobilisti chiedendo soldi per lavare i parabrezza, per esempio, e con tutti coloro i quali, in superficie, commettevano reati equivalenti a quelli dei graffitisti e di chi non pagava il biglietto. “La precedente amministrazione della polizia aveva avuto le mani legate dalle restrizioni” afferma Bratton. “Noi eliminammo quei limiti. Intensificammo il pugno di ferro della legge contro chi girava ubriaco oppure urinava in luoghi pubblici e arrestammo i trasgressori recidivi, compresi quelli che gettavano le bottiglie vuote sulla strada o erano coinvolti in danni, anche minimi, alle proprietà demaniali (…) Se urinavi per la strada, finivi al fresco”. Quando la criminalità iniziò a diminuire in città, in modo veloce e improvviso come era accaduto per la metropolitana, Bratton e Giuliani indicarono la stessa causa: reati apparentemente insignificanti, sostennero, erano i punti critici della criminalità violenta. La teoria della finestre rotte e quella del potere del contesto sono una cosa sola. Entrambe si fondano sulla premessa che un’epidemia possa essere stroncata intervenendo sui dettagli minori dell’ambiente immediatamente circostante. Anche questa, a pensarci, è un’idea rivoluzionaria…. Ma che cosa suggeriscono le teorie delle finestre rotte e del potere del contesto? Esattamente l’opposto. Sostengono, infatti, che il criminale, lungi dall’essere qualcuno che agisce secondo ragioni intrinseche profonde e che vive in un mondo tutto suo, sia in realtà una persona particolarmente sensibile all’ambiente in cui si trova, attenta a qualsiasi segnale e indotta a commettere reati basandosi sulla percezione che ha del mondo intorno a sé. Si tratta di un’idea incredibilmente radicale e, per certi versi, inverosimile. Qui, ci spingiamo addirittura oltre, in un’altra dimensione ancora. La teoria del potere del contesto è una tesi ambientale: sostiene che il comportamento sia in funzione del contesto sociale, ma è un genere di ambientalismo davvero strano. Negli anni Sessanta, i liberal sostennero una tesi simile, ma quando parlavano dell’importanza dell’ambiente si riferivano all’importanza dei fattori sociali fondamentali: la criminalità, dicevano, era il risultato dell’ingiustizia sociale, di iniquità economiche strutturali, della disoccupazione, del razzismo, di decenni di negligenza istituzionale e sociale, per cui se si voleva fermare la delinquenza si doveva avere il coraggio di compiere azioni eroiche. La legge del potere del contesto, invece, afferma che ciò che importa veramente sono le piccole cose…. La legge del potere del contesto asserisce che non è necessario risolvere i grandi problemi per sgominare la criminalità. E’ possibile prevenirla semplicemente ripulendo i graffiti e fermando chi non paga il biglietto.

    (Tratto dal libro “Il punto critico – I grandi effetti dei piccoli cambiamenti” di Malcolm Gladwell)

    Grazie Letizia per lo spunto.

  13. Ah Letizia , dimenticavo di ricordare che oggi sicuramente qualche imbecille di genitore più imbecille dei suoi figli non consentirebbe la punizione della ripulitura dei muri giustamente imposta dalla prof vetro.
    Avocando sicuramente qualche lesa libertà o coercizione di pensiero ed espressione.

  14. L’importanza del sociale dovrebbe essere intesa nel suo reale significato. Un’espressione su tutte? Garantiamo la sicurezza del cittadino. Ancora, eliminiamo il problema casa, la cosiddetta emergenza abitativa.
    Trovo privo di fondamento attribuire del sociale al problema scritte. Non c’e’ bisogno di dare valenza psicologica o generazionale a questo problema. Ma c’e’ da rimuovere il problema alla radice, e senza portare le scuole sui ponti, in stile “sensibilizzazione tutta italiana.” C’e’ da punire chi scrive, e da fargli una multa salata. O qualche giorno di riformatorio. Parliamo del sociale quando c’e’ da parlarne, non quando c’e’ di mezzo un ragazzino idiota che alla prima avvisaglia seria, non toccherà mai più una bomboletta.

  15. Gentile Sig.ra Clara,
    lo so che si possono comminare pene previste solo dal codice. Infatti, ed era sottinteso, auspicavo ed auspico un intervento legislativo in merito.

    Sono per i lavori forzati: imbratti e sei condannato a ripulire e a sfalciare l’erba per una settimana per 8 ore lavorative. E’ più utile ed educativa di una pena pecuniaria o detentiva.

    Tutto qui.
    Cordialmente
    Ludovico Todini

  16. @ Martina
    Paghiamo le tasse. Questo ruolo spetta semplicemente alle autorità e a nessun altro.
    Se lei è una grande osservatrice ed ama girare tra i monumenti di questa splendida città, noterà che in altri punti, ponti compresi, ci sono poliziotti in borghese.
    C’è da chiedersi come sia possibile, semmai, che Veltroni o il nostro Prefetto non abbiano fatto un piccolo sforzo in più, mettendo un poliziotto in borghese anche a Ponte Milvio.
    Ma siccome questo luogo non sarebbe ritenuto a rischio da possibili attentati, le autorità si concentrano di più altrove.
    Questa è la verità.
    Ponte Milvio da tutto ciò ci rimette e diventa, di conseguenza, vittima di vandalismi.

    Sulle pene:
    Questo è un problema nazionale, non di Ponte Milvio e riguarda esclusivamente la giurisdizione italiana.
    I carcerati vivono belli e beati, sono assistiti a tutto e hanno una svariata di diritti dalla loro.
    Un nomade morto di fame vive meglio in carcere che per strada.

    Il periodo di detenzione è ridicolo.
    Io ho subito una violazione di domicilio da un tossico dipendente: è stato una notte in carcere e l’ hanno rispedito a casa.
    Il tossico dipendente aveva una fedina penale da terrorista: spaccio, scippo, rapina a mano armata e la lista non finiva qui.
    Qualora vi ritroviate soggetti simili davanti, scappate perché la Legge non vi tutela se non finisce male per qualcuno: è così sia coi drogati che coi malati di mente.
    Senza aggressioni fisiche, da potenziali lesioni a tentati omicidi, la Legge non vi garantirà tutela e giustizia.

    Sono le pene che vanno inasprite e devono rimuovere gran parte delle norme che tutelano queste persone anche dietro le sbarre.
    Qui c’è tenerezza nei confronti dei delinquenti come in nessun altro paese avanzato dell’occidente.
    Lo dicono anche gli stessi romeni che vengono qui.

    Siamo noi che abbiamo troppe leggi e siamo imparagonabili ad un’Inghilterra, Francia o Germania.
    In America, visto che qui l’avete citata, se ti beccano in Florida a fare un stupido falò su una spiaggia, ti prendi una detenzione che arriva ad un mese e c’è rischio che il poliziotto ti prende anche a schiaffi, perché è libero di farlo.
    Che sia mai se viene fatto qui: succede un macello per un mese intero ed escono fuori i soliti benpensanti che nella vita non hanno meglio di niente da fare, se non criticare chi fa un mestiere mal pagato. E io non sono uno che si schiera coi poliziotti o con chi li odia. Ce l’ ho con chi ha fatto queste leggi che fanno schifo!

    Ma comunque, questo è un argomento che va ben oltre e Ponte Milvio merita tutta la nostra attenzione.

    Io sono dell’idea che le telecamere a circuito vanno installate, come lo è stato fatto in tutti gli altri patrimoni della città.
    Sommate a queste, va messo qualcuno in borghese che controlli la situazione, specie nelle ore notturne.

    E’ un discorso talmente complesso e forse ingiusto, considerando che tutti hanno paura di tornare a casa (Fleming – Vigna Clara) perché di notte non si sentono tutelati dalle autorità.
    Però penso che se si vuole un miglioramento generale, in primis a muoversi dovrebbero essere quelli del prossimo governo.
    Io sono preoccupato, perché nessuno dei candidati parla delle leggi e dica chiaramente che sono troppe, che comportano confusione e che molte di queste vanno rimosse.

    Sono deluso da ciò e molto pessimista.
    Questo mi dispiace, a dirla tutta.

    Buona Domenica a tutti,
    Mattia

  17. Non volevo intromettermi per non alimentare polemiche, ma dato che le polemiche già ci sono, mi permetto alcune precisazioni:
    – Ponte Milvio non è lungo sì e no 50 mt. I suoi dati sono: lunghezza mt. 177, arcate 7, luce max mt. 23,65, altezza s.l.fiume mt. 18,27, larghezza mt. 6,50. E non è pignoleria. Sarebbe auspicabile che gli abitanti del Municipio, almeno loro, conoscessero bene il loro territorio e i beni culturali, ambientali, storici e architettonici che lo arricchiscono. Nella fattispecie, da ventisei secoli. Conoscendoli, si difendono meglio.
    – Gli “anziani gagliardi” con divisa e facoltà di multare non sono neanche pensabili. Primo, perché assumerebbero la qualifica di “agenti di polizia giudiziaria” e come tali dovrebbero essere inquadrati, assunti, stipendiati, promossi, e, come nel caso “ausiliari ” e STA, diventerebbero alla fine una struttura che la farebbe da padrona. Poi, perché solo uomini? Anche donne gagliarde, allora! E non diamo loro un’arma per difendersi da questi poveri, piccoli, innocui delinquentelli? Basterà a dissuaderli un’occhiataccia di qualche volontaria! Chi ci va per prima?
    – questi vigili che stazionano tutto il giorno (?) sul piazzale, dovrebbero essere pronti al fischio di aiuto per soccorrere i volontari. Allora che bisogno c’è dei volontari se i vigili sono lì tutto il giorno? E se i vigili sono lì tutto il giorno, come mai esistono il parcheggio selvaggio, l’inosservanza del divieto di sosta, la collocazione di bancarelle e furgoncini senza permesso, la vendita abusiva di oggetti contraffatti, l’accattonaggio, per non parlare dello scippo e dell’aggressione…? Ciò non comporterebbe la denuncia per omissione di atti d’ufficio?
    – la pittura antiscritta non sarebbe consigliabile sul Ponte. Più volte è stata usata su pareti marmoree (vedi sotto i porticati di Piazza Augusto Imperatore) e la sua efficacia è proporzionale alla compattezza e alla lisciatura della superficie trattata. Il Ponte ha ricopertura in travertino molto poroso e le pareti di mattoni, quindi un trattamento antiscritta sarebbe inefficace. Non solo, ma su un bene architettonico di quell’età, non si appongono supporti estranei. Basta già la vergogna nel vedere come hanno ridotto la Foresteria Nord (per chi non lo sapesse, si tratta del fabbricato lunghissimo che ospita tra l’altro il Bernini) verniciandone il rivestimento in cortina dopo averne “trafugato” l’originale ricopertura in marmo bianco di Carrara.
    – Occorre che qualche coraggioso amministratore faccia togliere i lucchetti dal Ponte. Che ne direste se cominciassero ad apporli alla Fontana di Trevi? Oppure intorno all’Arco di Costantino? Il Ponte è un monumento storico che non può essere deturpato neppure per teneri motivi amorosi. Si proponga, invece, di apporre i lucchetti su apposite strutture sotto al Ponte, nella passeggiata sulla banchina. In questo modo si educherebbero i giovani a conoscere il Fiume più da vicino, senza aver paura di “topi e miasmi velenosi” come dicono i luoghi comuni dell’ignoranza. Non solo, ma se il posto fosse frequentato, forse i rom e i clandestini che vivono nascosti (neanche troppo) tra i canneti sopra le banchine sarebbero costretti a sloggiare . Ma forse parlo di cose che non vanno dette, né viste?

  18. credo che sandro bari abbia centrato in pieno il problema: i vigili, spesso riuniti in capannelli a chiacchierare amabilmente, che ci stanno a fare?

  19. @Sandro Bari

    Io condivido tutto quello che ha scritto, tranne questa idea che le riporto:

    Si proponga, invece, di apporre i lucchetti su apposite strutture sotto al Ponte, nella passeggiata sulla banchina. In questo modo si educherebbero i giovani a conoscere il Fiume più da vicino, senza aver paura di “topi e miasmi velenosi” come dicono i luoghi comuni dell’ignoranza. Non solo, ma se il posto fosse frequentato, forse i rom e i clandestini che vivono nascosti (neanche troppo) tra i canneti sopra le banchine sarebbero costretti a sloggiare . Ma forse parlo di cose che non vanno dette, né viste?

    La banchina è un luogo ideale per l’estate. D’inverno, non sempre per fortuna, il livello del Tevere può sommergere quel punto e di conseguenza la sua idea comporterebbe delle spese notevoli in più per il Municipio nella manutenzione sulla suddetta area.
    Poi c’è il discorso della qualità ambientale: persino nella piazza girano piccoli e simpatici topi, quindi figuriamoci sotto al ponte.
    Io amo molto guardare il bel paesaggio che il Ponte mi offre e coi miei occhi ho visto una pantegana grossa quanto mezzo braccio.
    Insomma, questo è per dirle che la qualità sotto quel ponte lascia molto a desiderare.

    Certo, quest’idea di riqualificare le banchine è stata fatta sull’Isola Tiberina e sulla sponda di Trastevere, ma durante l’estate.
    Ottima idea, glielo dico, però d’inverno diventa un gran bel problema.

    Detto ciò, il problema principale è il messaggio del Film che viene ripetuto come se fosse l’Ave Maria dagli adolescenti (io ho visto anche trent’enni).

    Vanno semplicemente rimossi quei paletti e magari spostati nella piazza. Va messo un cartello di avviso, dopo aver installato le telecamere, in cui venga evidenziato che il ponte è un patrimonio artistico e che qualunque atto vandalico (comprese le scritte) su questo viene punito penalmente.
    Deve esser fatta un’ottima comunicazione su ciò, perché altrimenti la gente vede quel ponte come l’isola di nessuno e ci fa quel che vuole, adolescenti soprattutto.

    Cordiali Saluti,
    Mattia

  20. P.S.
    Mi ero dimenticato di scriverle che io sono stato un abituale frequentatore del villaggio montato sulle banchine della sponda di Trastevere la scorsa estate.
    Beh, con due testimoni, abbiamo assistito a piccoli topi che giravano beatamente tra le bancarelle.
    Io non avevo paura, ma alcune persone, amici miei compresi, hanno la fobia di questi animali.
    Le parlo da persona realista ed amante di animali, eh! 😉

  21. In difesa del Fiume.
    Ne parlo da studioso, anzi da “fiumarolo”, e non da saltuario frequentatore.
    Per parlarne e scriverne l’ho percorso tutto dalla sorgente al mare, in barca, in canoa, a piedi sulle rive, dal 1976 ad oggi.
    Sembrerà incredibile, ma in quelle acque negli anni 60 facevo il bagno a monte di Ponte Milvio, poi negli anni 70 nuotavo a Castel Giubileo; ancora oggi faccio sci nautico a Settebagni, al Circolo Motonautica Fiume.
    Il Fiume è meraviglioso, per chi lo conosce, specialmente a monte della Traversa di Castel Giubileo.
    Ma è bellissimo anche a Ponte Milvio, all’Acqua Acetosa, a Fidene. Cioè, sarebbe bellissimo se non vi fossero chilometri di insediamenti di clandestini (perenni e rinnovati) per 15 Km da Ponte Milvio a Castel Giubileo e sull’Aniene da Ponte Mammolo.
    Dove esistono le banchine, cioè da Ponte Milvio a Ponte Marconi, non vi sono scarichi urbani se non i sacchetti di plastica che provengono da monte, gettati dai clandestini.
    Non vi sono scarichi fognari, in quanto, all’interno dei Muraglioni, passano i collettori che raccolgono tutte le acque nere della città. Qualche rigagnolo è incanalato nelle banchine, e si tratta di acque sorgive (nel caso nostro, provengono dai monti della Farnesina, da Monte Mario ecc.) oppure di piccoli affluenti (Acqua Traversa, Cresceza, Fonte Pimpinella ecc.).
    Per questo non ci sono i topi. I topi devono mangiare, e sulle banchine del Fiume non c’è niente di adatto. I topi vivono nelle fogne ed escono dai marciapiedi per entrare nei cassonetti: stanno quindi – benissimo – al di là dei muraglioni, dentro la città.
    Quelli che si vedono, enormi, che vengono definite “pantecane”, sono nutrie.
    Le nutrie sono mammiferi della famiglia dei castori, che assomigliano abbastanza ai topi ma sono grosse anche come grossi cani: nuotano benissimo e si fermano anche – immobili dentro il Fiume – in attesa della preda (spesso natrici o biscie). Sono stanziali nel Tevere da quando, negli anni 30, fu istituito un allevamento ai confini dell’Umbria di questi animali, provenienti dal Sud America, per ottenerne le pellicce. All’epoca, si chiamavano “pellicce di castorino”. Erano nutrie. Alcuni esemplari, evasi dall’allevamento, si propagarono lungo le rive del Fiume ed ora vivono tranquillamente nelle tane che si scavano sulle rive erbose.
    I topi compaiono sulle rive solo quando c’è da mangiare, cioè quando c’è l’uomo che lascia rifiuti. Ecco perché non è diifficile trovarne, a Trastevere o sotto Castel Sant’angelo, quandio vi impiantano fast food o paninerie estive.
    La banchina sotto Ponte Milvio può essere sommersa dall’acqua: succede in certi casi di apertura della Traversa. Ma appena l’acqua scende l’ARDIS ( non il Municipio) è tenuta a sgombrare i detriti e il fango. Quindi il periodo di non frequentazione è molto ridotto. Credo che anche se i supporti dei lucchetti andassero qualche giorno sott’acqua non sarebbe così grave.
    Grazie dell’attenzione, spero di non avervi annoiato.

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