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Tor di Quinto: Sorin ha una nuova casa

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un-campo-nomadi.jpgSorin è un bambino rom di 11 anni. Viveva con i suoi genitori in una delle baracche del campo nomadi di Tor di Quinto abbattute recentemente dalle ruspe. Nello sgombero del campo sono andate perse le sue cose, i suoi giocattoli ma soprattutto i suoi libri di scuola, perché Sorin è un bambino rom che frequenta regolarmente le lezioni, spronato in ciò dai suoi genitori affinché possa costruirsi un futuro migliore del loro.

Sorin ha preso coraggio ed ha scritto un’accorata lettera al Presidente della Repubblica, pubblicata ieri dal quotidiano La Stampa.

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Sorin gli ha raccontato la sua storia, la sua vita nel campo nomadi, il suo sogno di continuare a vivere a Roma ma gli ha anche chiesto quale rispetto si abbia in Italia dei diritti dei minori quando li si priva di una casa, quand’anche essa sia in un campo nomadi. L’appello di Sorin è stato prontamente accolto dal Comune di Roma che si è adoperato affinchè il bambino sia ospitato, assieme alla sua famiglia, in un centro di accoglienza e possa continuare la scuola, mentre i genitori, che lavorano ambedue, saranno aiutati ad avviare un percorso di autonomia.

Una storia tenera nell’ambito di un grave problema di attualità.

Il nostro pensiero è che Roma debba continuare ad essere “città aperta” a chiunque voglia viverci civilmente per costruirsi un futuro con onestà e nel rispetto delle regole ed a tal fine non deve contare il paese di provenienza od il colore del passaporto.

Ma quante altre storie come questa, quanti altri Sorin possono essere sulle strade del nostro territorio in qusti giorni a seguito degli sgomberi degli insediamenti abusivi ? Dopo l’intervento del Comune di Roma ci auguriamo che anche il XX Municipio sappia e voglia adoperarsi in queste azioni umanitarie tenendo fede a quanto affermato dal Presidente Massimiliano Fasoli che, al termine della seduta di Consiglio straordinaria tenutasi in Piazza Ponte Milvio il 3 Novembre, ebbe a dire che il XX municipio è disposto ad accogliere le donne e i bambini che abitavano nelle baraccopoli demolite e che non sanno più dove andare.

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